Quarta di copertina
Con questo numero la Direzione passa ai componenti il Comitato di Redazione. L’interesse per i temi della contemporaneità si coniuga con l’attenzione alle nuove sperimentazioni nell’era della rivoluzione tecnologica e digitale. Questo volume ripropone alcuni contributi pubblicati dal 2016, in un recap di temi e problematiche sempre più attuali.
Back cover
With this issue the Management passes to the members of the Editorial Committee. The interest in contemporary themes is combined with attention to new experiments in the age of technological and digital revolution. This volume presents some of the essays published since 2016, in a recap of increasingly current themes and problems.
Con questo numero la Direzione passa ai componenti il Comitato di Redazione. L’interesse per i temi della contemporaneità si coniuga con l’attenzione alle nuove sperimentazioni nell’era della rivoluzione tecnologica e digitale. Questo volume ripropone alcuni contributi pubblicati dal 2016, in un recap di temi e problematiche sempre più attuali.
Back cover
With this issue the Management passes to the members of the Editorial Committee. The interest in contemporary themes is combined with attention to new experiments in the age of technological and digital revolution. This volume presents some of the essays published since 2016, in a recap of increasingly current themes and problems.
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Editoriale / Editorial
4 Maurizio Petrangeli, Un nuovo inizio / A new beginning
Contributi / Contributions
8 Alessandra Muntoni, La critica operativa come mediazione tra storia e progetto / Operative criticism as a mediation between history and design
20 Marcello Pazzaglini, Elementi per la costruzione della critica architettonica / Elements for the construction of architecture criticism
28 Gabriele De Giorgi, Architettura – paesaggio 2000-2015 / Architecture – landscape
44 Giorgio Ciucci, Scrivere la storia col pugnale / Writing history with the dagger
58 Franco Purini, Ricordi dal Lago di Como / Memories from Lake Como
68 Piero Ostilio Rossi, Strategie di intervento per il quartiere Flaminio / Intervention strategies for the “Flaminio” neighbourhood
88 Domenico De Masi, L’amico Oscar / My friend Oscar
RUBRICHE / COLUMNS
Territori digitali / Digital
102 Rosalba Belibani, Presentazione / Introduction
Soglie urbane / Urban thresholds
104 Guendalina Salimei, Presentazione / Introduction
Intersezioni linguistiche / Languages’ intersections
106 Roberta Lucente, Presentazione / Introduction
Catastrofi / Disasters otherwere
108 Nicoletta Trasi, Presentazione / Introduction
Trasformazioni / Transformations
110 Maurizio Petrangeli, Presentazione / Introduction
Colofon / Colophon
Traduzione di / translation by Antonella Bergamin, Janet Rodgers
Impaginazione / Stefano Perrotta
Editoriale / Editorial
4 Maurizio Petrangeli, Un nuovo inizio / A new beginning
Contributi / Contributions
8 Alessandra Muntoni, La critica operativa come mediazione tra storia e progetto / Operative criticism as a mediation between history and design
20 Marcello Pazzaglini, Elementi per la costruzione della critica architettonica / Elements for the construction of architecture criticism
28 Gabriele De Giorgi, Architettura – paesaggio 2000-2015 / Architecture – landscape
44 Giorgio Ciucci, Scrivere la storia col pugnale / Writing history with the dagger
58 Franco Purini, Ricordi dal Lago di Como / Memories from Lake Como
68 Piero Ostilio Rossi, Strategie di intervento per il quartiere Flaminio / Intervention strategies for the “Flaminio” neighbourhood
88 Domenico De Masi, L’amico Oscar / My friend Oscar
RUBRICHE / COLUMNS
Territori digitali / Digital
102 Rosalba Belibani, Presentazione / Introduction
Soglie urbane / Urban thresholds
104 Guendalina Salimei, Presentazione / Introduction
Intersezioni linguistiche / Languages’ intersections
106 Roberta Lucente, Presentazione / Introduction
Catastrofi / Disasters otherwere
108 Nicoletta Trasi, Presentazione / Introduction
Trasformazioni / Transformations
110 Maurizio Petrangeli, Presentazione / Introduction
Colofon / Colophon
Traduzione di / translation by Antonella Bergamin, Janet Rodgers
Impaginazione / Stefano Perrotta
Abstract:
La critica operativa come mediazione tra storia e progetto
di Maurizio Petrangeli
Con questo numero la Direzione passa ai componenti il Comitato di Redazione. L’interesse per i temi della contemporaneità si coniuga con l’attenzione alle nuove sperimentazioni nell’era della rivoluzione tecnologica e digitale. Questo volume ripropone alcuni contributi pubblicati dal 2016, in un recap di temi e problematiche sempre più attuali.
La critica operativa come mediazione tra storia e progetto
di Maurizio Petrangeli
Con questo numero la Direzione passa ai componenti il Comitato di Redazione. L’interesse per i temi della contemporaneità si coniuga con l’attenzione alle nuove sperimentazioni nell’era della rivoluzione tecnologica e digitale. Questo volume ripropone alcuni contributi pubblicati dal 2016, in un recap di temi e problematiche sempre più attuali.
Abstract:
Operative criticism as a mediation between history and design
by Maurizio Petrangeli
With this issue the Management passes to the members of the Editorial Committee. The interest in contemporary themes is combined with attention to new experiments in the age of technological and digital revolution. This volume presents some of the essays published since 2016, in a recap of increasingly current themes and problems.
Operative criticism as a mediation between history and design
by Maurizio Petrangeli
With this issue the Management passes to the members of the Editorial Committee. The interest in contemporary themes is combined with attention to new experiments in the age of technological and digital revolution. This volume presents some of the essays published since 2016, in a recap of increasingly current themes and problems.
Abstract:
La critica operativa come mediazione tra storia e progetto
di Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri ha messo in evidenza come Bruno Zevi, insieme a Jean-Paul Sartre e a Elio Vittorini, siano stati, intorno al 1945, «tra i più validi assertori in Europa, di un rilancio ideologico rivolto a colmare il salto tra impegno civile e azione culturale». Ma per Sartre l’impegno letterario è insieme politico-culturale; per Vittorini si era identificato prima con l’antifascismo, poi con l’inviolabilità della vita umana e quindi con il design inteso come ragione civile; per Zevi invece ha significato assorbire la critica – desunta dalla temperie del presente ‒ nella storia, indagando i percorsi e le motivazioni dei singoli architetti che erano riusciti a riattivare criticamente nei loro progetti un repertorio amplissimo di opere, di modelli urbanistici e di sistemi territoriali. La “critica operativa” nasce da qui. Di fatto, il concetto di “critica operativa” ‒ seppure in filigrana ‒ è presente in Zevi fin dai suoi primi libri e dalla sua prima esperienza di insegnamento allo IUAV. Esso si evolverà negli anni fino ai testi scritti negli anni Settanta, in particolare Il linguaggio moderno dell’architettura e negli anni Novanta con Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
La critica operativa come mediazione tra storia e progetto
di Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri ha messo in evidenza come Bruno Zevi, insieme a Jean-Paul Sartre e a Elio Vittorini, siano stati, intorno al 1945, «tra i più validi assertori in Europa, di un rilancio ideologico rivolto a colmare il salto tra impegno civile e azione culturale». Ma per Sartre l’impegno letterario è insieme politico-culturale; per Vittorini si era identificato prima con l’antifascismo, poi con l’inviolabilità della vita umana e quindi con il design inteso come ragione civile; per Zevi invece ha significato assorbire la critica – desunta dalla temperie del presente ‒ nella storia, indagando i percorsi e le motivazioni dei singoli architetti che erano riusciti a riattivare criticamente nei loro progetti un repertorio amplissimo di opere, di modelli urbanistici e di sistemi territoriali. La “critica operativa” nasce da qui. Di fatto, il concetto di “critica operativa” ‒ seppure in filigrana ‒ è presente in Zevi fin dai suoi primi libri e dalla sua prima esperienza di insegnamento allo IUAV. Esso si evolverà negli anni fino ai testi scritti negli anni Settanta, in particolare Il linguaggio moderno dell’architettura e negli anni Novanta con Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
Abstract:
Operative criticism as a mediation between history and design
by Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri observed that, around 1945, Bruno Zevi was, along with Jean-Paul Sartre and Elio Vittorini, «among the champions, in Europe, of an ideological wave trying to fill the gap between civil commitment and cultural action». However, for Sartre, literary commitment had a political and cultural value; for Vittorini, commitment first coincided with antifascism, and later with the inviolability of human life and eventually with design conceived as civil responsibility. For Zevi, it meant incorporating criticism – as deduced from the present time ‒ into history by exploring the trajectories and reasons of the individual architects who had critically reactivated a very wide range of works, urban planning models and territorial systems within their own designs. It was the birth of “operative criticism”. In fact, a first outline of the concept of “operative criticism” had appeared even in Zevi’s early books and teaching experience at the IUAV. Later, Zevi explores the concept until the 1970s and 1990s in the writings: Il linguaggio moderno dell’architettura and Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
Operative criticism as a mediation between history and design
by Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri observed that, around 1945, Bruno Zevi was, along with Jean-Paul Sartre and Elio Vittorini, «among the champions, in Europe, of an ideological wave trying to fill the gap between civil commitment and cultural action». However, for Sartre, literary commitment had a political and cultural value; for Vittorini, commitment first coincided with antifascism, and later with the inviolability of human life and eventually with design conceived as civil responsibility. For Zevi, it meant incorporating criticism – as deduced from the present time ‒ into history by exploring the trajectories and reasons of the individual architects who had critically reactivated a very wide range of works, urban planning models and territorial systems within their own designs. It was the birth of “operative criticism”. In fact, a first outline of the concept of “operative criticism” had appeared even in Zevi’s early books and teaching experience at the IUAV. Later, Zevi explores the concept until the 1970s and 1990s in the writings: Il linguaggio moderno dell’architettura and Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
Abstract:
Elementi per la costruzione della critica architettonica
di Marcello Pazzaglini
Bruno Zevi intende la critica come valutazione, come giudizio. Per fare questo costruisce una griglia selettiva basata su scelte di campo che verifica in ogni sua applicazione, che ha radici negli eventi della contemporaneità e ne ritrova corrispondenze antiche attraverso un procedimento comparativo. In questa griglia il rapporto tra storia, critica e progetto è strettissimo. È una griglia che nella sua originalità e complessità si confronta con quella dei grandi critici a lui contemporanei: G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo e prima con L. Venturi, le estetiche di B. Croce e F. Wickhoff. Qui ne cogliamo solo alcuni aspetti selezionati tra quelli più importanti.
Elementi per la costruzione della critica architettonica
di Marcello Pazzaglini
Bruno Zevi intende la critica come valutazione, come giudizio. Per fare questo costruisce una griglia selettiva basata su scelte di campo che verifica in ogni sua applicazione, che ha radici negli eventi della contemporaneità e ne ritrova corrispondenze antiche attraverso un procedimento comparativo. In questa griglia il rapporto tra storia, critica e progetto è strettissimo. È una griglia che nella sua originalità e complessità si confronta con quella dei grandi critici a lui contemporanei: G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo e prima con L. Venturi, le estetiche di B. Croce e F. Wickhoff. Qui ne cogliamo solo alcuni aspetti selezionati tra quelli più importanti.
Abstract:
Elements for the construction of architecture criticism
by Marcello Pazzaglini
For Bruno Zevi, criticism is assessment, judgement – a practice that requires a selective grid he derives from precise positions verified in every application and rooted in contemporary events that resonate with past occurrences through a process of comparison. History, criticism and design closely connect in such grid. In its originality and complexity, Zevi’s grid is comparable with those of his contemporaries – other great critics such as G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo and earlier L. Venturi, B. Croce’s Aesthetics and F. Wickhoff. We are going to explore just some of its aspects selected from his the most important ideas.
Elements for the construction of architecture criticism
by Marcello Pazzaglini
For Bruno Zevi, criticism is assessment, judgement – a practice that requires a selective grid he derives from precise positions verified in every application and rooted in contemporary events that resonate with past occurrences through a process of comparison. History, criticism and design closely connect in such grid. In its originality and complexity, Zevi’s grid is comparable with those of his contemporaries – other great critics such as G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo and earlier L. Venturi, B. Croce’s Aesthetics and F. Wickhoff. We are going to explore just some of its aspects selected from his the most important ideas.
Abstract:
Architettura – paesaggio 2000-2015
di Gabriele De Giorgi
Gli sviluppi della Terza Avanguardia del 900. L’architettura-paesaggio è uno dei più importanti viluppi della Terza Avanguardia del 900 che, fin dagli anni Ottanta, aveva rinnovato l’architettura grazie a una strategia di totale apertura verso tutti i campi disciplinari. Dalla filosofia aveva assimilato il pensiero di Lyotard, Derrida, Morin, Foucault; dal campo scientifico aveva condiviso l’archiviazione di ogni determinismo indagando un ambiente complesso e sorprendente; dalla sociologia aveva compreso l’importanza del fluttuare di folle multietniche e pluri-culturali nonché l’analisi antropologica della città. La Pop Art, la Situationsarchitektur e il surrealismo erano stati importanti punti di riferimento. Ora la ricerca praticava la svolta della dimensione geografica che diventa la questione più importante. Attraverso l’analisi e il confronto tra i protagonisti della scena architettonica internazionale – da Piano a Sejima, da Metamorph a MAD, da coop Himmeb[l]au ad AL_A, da ASIMPTOTE a Fuksas, da Eisenman a Skofidio+Remfro, da Gehry a Greg Lynn, da Nouvel a Herzog&De Meuron, da Morphosis a Nemesi a MRDV, da NOX a OMA, da Plasma a Ricciotti, da RUR a SAA&A, da Sanaa a Hool e Libeskind, da Tstudio a Toyo Ito, da UN Studio a West 8 fino ad Hadid, le componenti delle ricerche sul campo sono interpretate in questa chiave.
Architettura – paesaggio 2000-2015
di Gabriele De Giorgi
Gli sviluppi della Terza Avanguardia del 900. L’architettura-paesaggio è uno dei più importanti viluppi della Terza Avanguardia del 900 che, fin dagli anni Ottanta, aveva rinnovato l’architettura grazie a una strategia di totale apertura verso tutti i campi disciplinari. Dalla filosofia aveva assimilato il pensiero di Lyotard, Derrida, Morin, Foucault; dal campo scientifico aveva condiviso l’archiviazione di ogni determinismo indagando un ambiente complesso e sorprendente; dalla sociologia aveva compreso l’importanza del fluttuare di folle multietniche e pluri-culturali nonché l’analisi antropologica della città. La Pop Art, la Situationsarchitektur e il surrealismo erano stati importanti punti di riferimento. Ora la ricerca praticava la svolta della dimensione geografica che diventa la questione più importante. Attraverso l’analisi e il confronto tra i protagonisti della scena architettonica internazionale – da Piano a Sejima, da Metamorph a MAD, da coop Himmeb[l]au ad AL_A, da ASIMPTOTE a Fuksas, da Eisenman a Skofidio+Remfro, da Gehry a Greg Lynn, da Nouvel a Herzog&De Meuron, da Morphosis a Nemesi a MRDV, da NOX a OMA, da Plasma a Ricciotti, da RUR a SAA&A, da Sanaa a Hool e Libeskind, da Tstudio a Toyo Ito, da UN Studio a West 8 fino ad Hadid, le componenti delle ricerche sul campo sono interpretate in questa chiave.
Abstract:
Architecture – landscape
by Gabriele De Giorgi
The developments of the Third Vanguard of the 20th century. The architecture-landscape is one of the most important vanguards of the Third Avant-garde of the 20th century which, since the 1980s, had renewed architecture thanks to a strategy of total openness to all disciplinary fields. From philosophy he had assimilated the thought of Lyotard, Derrida, Morin, Foucault; from the scientific field he had shared the archiving of all determinism investigating a complex and surprising environment; from sociology he understood the importance of fluctuating multi-ethnic and multi-cultural crowds and the anthropological analysis of the city. Pop Art, Situationsarchitektur and Surrealism had been important points of reference. Now the research practiced the turning point in the geographical dimension which becomes the most important issue. Through the analysis and comparison between the protagonists of the international architectural scene – from Piano to Sejima, from Metamorph to MAD, from Coop Himmeb[l]au to AL_A, from ASIMPTOTE to Fuksas, from Eisenman to Skofidio+Renfro, from Gehry to Lynn, from Nouvel to Herzog&De Meuron, from Morphosis to Nemesi to MRDV, from NOX to OMA, from Plasma to Ricciotti, from RUR to SAA&A, from Sanaa to Hool and Libeskind, from Tstudio to Toyo Ito, from UN Studio to West 8 up to Hadid, all the components of field research are interpreted in this key.
Architecture – landscape
by Gabriele De Giorgi
The developments of the Third Vanguard of the 20th century. The architecture-landscape is one of the most important vanguards of the Third Avant-garde of the 20th century which, since the 1980s, had renewed architecture thanks to a strategy of total openness to all disciplinary fields. From philosophy he had assimilated the thought of Lyotard, Derrida, Morin, Foucault; from the scientific field he had shared the archiving of all determinism investigating a complex and surprising environment; from sociology he understood the importance of fluctuating multi-ethnic and multi-cultural crowds and the anthropological analysis of the city. Pop Art, Situationsarchitektur and Surrealism had been important points of reference. Now the research practiced the turning point in the geographical dimension which becomes the most important issue. Through the analysis and comparison between the protagonists of the international architectural scene – from Piano to Sejima, from Metamorph to MAD, from Coop Himmeb[l]au to AL_A, from ASIMPTOTE to Fuksas, from Eisenman to Skofidio+Renfro, from Gehry to Lynn, from Nouvel to Herzog&De Meuron, from Morphosis to Nemesi to MRDV, from NOX to OMA, from Plasma to Ricciotti, from RUR to SAA&A, from Sanaa to Hool and Libeskind, from Tstudio to Toyo Ito, from UN Studio to West 8 up to Hadid, all the components of field research are interpreted in this key.
Abstract:
Scrivere la storia col pugnale
di Giorgio Ciucci
Il 15 novembre 1949, all’IUAV diretto da Giuseppe Samonà, Bruno Zevi pronuncia la sua prolusione dal titolo Franz Wickhoff e la poetica romana del continuum. L’intervento si conclude con la citazione di un passo di Francesco De Sanctis tratto dalla Storia della letteratura italiana nel quale lo storico irpino riassume in poche frasi il carattere di due storici fiorentini del Trecento, Dino Compagni e Giovanni Villani: «La Cronaca di Dino e le tre cronache de’ Villani comprendono il secolo. La prima narra la caduta de’ Bianchi, le altre raccontano il regno de’ Neri. Tra’ vinti erano Dino e Dante, tra’ vincitori i Villani. Questi raccontano con quieta indifferenza, come facessero un inventario; quelli scrivono la storia col pugnale. Chi si appaga della superficie, legga il Villani; ma chi vuol conoscere le passioni, i costumi, i caratteri, la vita interiore da cui escono i fatti, legga Dino». Bruno Zevi s’identifica col Dino Compagni che scrive della Firenze fra il 1280 e il 1312: anche Zevi “scrive la storia col pugnale”, prende partito, si schiera, si appassiona, entra nelle pieghe della storia e delle cronache. Quello che De Sanctis aggiunge per Dino ‒ «i fatti che racconta sono fatti suoi, parte della sua vita, e la sua Cronaca è lo specchio del tempo […] nella realtà della vita pubblica» ‒ è valido anche per Bruno.
Scrivere la storia col pugnale
di Giorgio Ciucci
Il 15 novembre 1949, all’IUAV diretto da Giuseppe Samonà, Bruno Zevi pronuncia la sua prolusione dal titolo Franz Wickhoff e la poetica romana del continuum. L’intervento si conclude con la citazione di un passo di Francesco De Sanctis tratto dalla Storia della letteratura italiana nel quale lo storico irpino riassume in poche frasi il carattere di due storici fiorentini del Trecento, Dino Compagni e Giovanni Villani: «La Cronaca di Dino e le tre cronache de’ Villani comprendono il secolo. La prima narra la caduta de’ Bianchi, le altre raccontano il regno de’ Neri. Tra’ vinti erano Dino e Dante, tra’ vincitori i Villani. Questi raccontano con quieta indifferenza, come facessero un inventario; quelli scrivono la storia col pugnale. Chi si appaga della superficie, legga il Villani; ma chi vuol conoscere le passioni, i costumi, i caratteri, la vita interiore da cui escono i fatti, legga Dino». Bruno Zevi s’identifica col Dino Compagni che scrive della Firenze fra il 1280 e il 1312: anche Zevi “scrive la storia col pugnale”, prende partito, si schiera, si appassiona, entra nelle pieghe della storia e delle cronache. Quello che De Sanctis aggiunge per Dino ‒ «i fatti che racconta sono fatti suoi, parte della sua vita, e la sua Cronaca è lo specchio del tempo […] nella realtà della vita pubblica» ‒ è valido anche per Bruno.
Abstract:
Writing history with the dagger
by Giorgio Ciucci
On November 15, 1949, Bruno Zevi inaugurated the academic year at the Venice IUAV directed by Giuseppe Samonà with an introductory speech entitled Franz Wickhoff and the Roman poetics of the continuum. His speech ended with a passage from the Italian historian Francesco De Sanctis’ History of Italian Literature that resumed in just a few sentences the characters of Dino Compagni and Giovanni Villani, two fourteenth century historians born in Florence: «Dino’s Chronicle and Villani’s chronicles describe the fall of the White Guelfs, the latter narrate the reign of the Black Guelfs. Dino and Dante sided with the losers, Villani with the winners. The latter’s narrative is quietly indifferent, as though doing inventory; the former write history with the dagger. If you are happy with the surface, read Villani; if, instead, you want to know about the passions, habits, characters, the interior life that determine the facts, read Dino». The similarity between Bruno Zevi and Dino Compagni would seem all too obvious. Like Compagni, Zevi took sides, was passionate, and plunged in the folds of history and chronicles – he “wrote history with the dagger”. The words De Sanctis adds about Dino – «the facts he reports are his own facts, part of his own life, and his Chronicle mirrors his time […] in the reality of public life» – would apply to Bruno too.
Writing history with the dagger
by Giorgio Ciucci
On November 15, 1949, Bruno Zevi inaugurated the academic year at the Venice IUAV directed by Giuseppe Samonà with an introductory speech entitled Franz Wickhoff and the Roman poetics of the continuum. His speech ended with a passage from the Italian historian Francesco De Sanctis’ History of Italian Literature that resumed in just a few sentences the characters of Dino Compagni and Giovanni Villani, two fourteenth century historians born in Florence: «Dino’s Chronicle and Villani’s chronicles describe the fall of the White Guelfs, the latter narrate the reign of the Black Guelfs. Dino and Dante sided with the losers, Villani with the winners. The latter’s narrative is quietly indifferent, as though doing inventory; the former write history with the dagger. If you are happy with the surface, read Villani; if, instead, you want to know about the passions, habits, characters, the interior life that determine the facts, read Dino». The similarity between Bruno Zevi and Dino Compagni would seem all too obvious. Like Compagni, Zevi took sides, was passionate, and plunged in the folds of history and chronicles – he “wrote history with the dagger”. The words De Sanctis adds about Dino – «the facts he reports are his own facts, part of his own life, and his Chronicle mirrors his time […] in the reality of public life» – would apply to Bruno too.
Abstract:
Ricordi dal Lago di Como
di Franco Purini
Being part of the generation that studied at the Faculty of Architecture in the early 1960s, Bruno Zevi’s books ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – were the pillars of my education. When, in 1963, Zevi returned to Rome after a few years at the IUAV, his lessons guided me further into the extraordinary world I had glimpsed in his books. An adventurous world where architects had to face constant challenges, most of all with themselves, in order to avert the freezing of their own language into static and conventional forms. In 1968, his magazine, Architettura. Cronache e Storia, published a very important monographic issue about Giuseppe Terragni, followed by a Conference held in Como later that year. It was a meditation about the designer of the Casa del Fascio that, twenty-five years after his death, tried to reframe his work. As Peter Eisenman’s analysis would prove within a few years, Terragni’s work might provide an inspiration that has remained as topical as ever over time. The issue offers further arguments in relationship with the idea of architecture of the autor.
Ricordi dal Lago di Como
di Franco Purini
Being part of the generation that studied at the Faculty of Architecture in the early 1960s, Bruno Zevi’s books ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – were the pillars of my education. When, in 1963, Zevi returned to Rome after a few years at the IUAV, his lessons guided me further into the extraordinary world I had glimpsed in his books. An adventurous world where architects had to face constant challenges, most of all with themselves, in order to avert the freezing of their own language into static and conventional forms. In 1968, his magazine, Architettura. Cronache e Storia, published a very important monographic issue about Giuseppe Terragni, followed by a Conference held in Como later that year. It was a meditation about the designer of the Casa del Fascio that, twenty-five years after his death, tried to reframe his work. As Peter Eisenman’s analysis would prove within a few years, Terragni’s work might provide an inspiration that has remained as topical as ever over time. The issue offers further arguments in relationship with the idea of architecture of the autor.
Abstract:
Moemories from Lake Como
by Franco Purini
Come per gran parte degli studenti della generazione iscritta alla Facoltà di Architettura all’inizio degli Anni Sessanta alcuni libri di Bruno Zevi ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – furono alla base della mia formazione. Quando nel 1963 egli tornò a Roma dopo i suoi anni allo IUAV (Istituto Universitario di Venezia), le sue lezioni mi introdussero ancora di più nello straordinario mondo che le sue pagine mi avevano rivelato. Un mondo avventuroso, nel quale l’architetto era chiamato a sfide continue, soprattutto con sé stesso, consistenti nel superare volta per volta il fissarsi del proprio linguaggio in forme che potevano divenire statiche e convenzionali. Nel 1968 uscì un numero molto importante di Architettura. Cronache e Storia, dedicato a Giuseppe Terragni, al quale seguì, nello stesso anno, un Convegno a Como. A venticinque anni dalla sua scomparsa, una riflessione sull’autore della Casa del Fascio doveva reinserire la sua opera, ancora sospesa in una sorta di limbo nel dibattito di allora, innescando riflessioni internazionali, come quelle di Peter Eisenman, rivelandone la formidabile attualità. L’articolo propone ulteriori ragionamenti relazionati alla propria esperienza progettuale.
Moemories from Lake Como
by Franco Purini
Come per gran parte degli studenti della generazione iscritta alla Facoltà di Architettura all’inizio degli Anni Sessanta alcuni libri di Bruno Zevi ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – furono alla base della mia formazione. Quando nel 1963 egli tornò a Roma dopo i suoi anni allo IUAV (Istituto Universitario di Venezia), le sue lezioni mi introdussero ancora di più nello straordinario mondo che le sue pagine mi avevano rivelato. Un mondo avventuroso, nel quale l’architetto era chiamato a sfide continue, soprattutto con sé stesso, consistenti nel superare volta per volta il fissarsi del proprio linguaggio in forme che potevano divenire statiche e convenzionali. Nel 1968 uscì un numero molto importante di Architettura. Cronache e Storia, dedicato a Giuseppe Terragni, al quale seguì, nello stesso anno, un Convegno a Como. A venticinque anni dalla sua scomparsa, una riflessione sull’autore della Casa del Fascio doveva reinserire la sua opera, ancora sospesa in una sorta di limbo nel dibattito di allora, innescando riflessioni internazionali, come quelle di Peter Eisenman, rivelandone la formidabile attualità. L’articolo propone ulteriori ragionamenti relazionati alla propria esperienza progettuale.
Abstract:
Strategie di intervento per il quartiere Flaminio
di Piero Ostilio Rossi
La ricerca riflette, volutamente, su un numero limitato di strategie mirate che fanno riferimento a specifici caratteri del quartiere e sviluppa tre temi principali di analisi: il sistema degli spazi aperti con una particolare attenzione alla loro configurazione e ai paesaggi urbani che determinano; il sistema dei margini che definisce in maniera molto precisa l’area di studio attraverso comparti ambientali e unità di paesaggio di notevole interesse; il sistema dei flussi della mobilità con una specifica attenzione per il trasporto pubblico su ferro e/o su bus elettrici e sulla mobilità dolce (percorsi pedonali, ciclabili, impianti di risalita). Vengono illustrate tre proposte progettuali di riqualificazione e di valorizzazione del Flaminio: la “Passeggiata Flaminia” e le attrezzature olimpiche di Nervi, lungo l’asse via Flaminia-viale Tiziano; l’asse di via Guido Reni, tra Villa Glori e Monte Mario; la “Città del Fiume”, tra Ponte Risorgimento e Ponte Flaminio. Ne risulta un quadro d’insieme che costituisce una convincente proposta di riqualificazione e sviluppo per questo brano di città.
Strategie di intervento per il quartiere Flaminio
di Piero Ostilio Rossi
La ricerca riflette, volutamente, su un numero limitato di strategie mirate che fanno riferimento a specifici caratteri del quartiere e sviluppa tre temi principali di analisi: il sistema degli spazi aperti con una particolare attenzione alla loro configurazione e ai paesaggi urbani che determinano; il sistema dei margini che definisce in maniera molto precisa l’area di studio attraverso comparti ambientali e unità di paesaggio di notevole interesse; il sistema dei flussi della mobilità con una specifica attenzione per il trasporto pubblico su ferro e/o su bus elettrici e sulla mobilità dolce (percorsi pedonali, ciclabili, impianti di risalita). Vengono illustrate tre proposte progettuali di riqualificazione e di valorizzazione del Flaminio: la “Passeggiata Flaminia” e le attrezzature olimpiche di Nervi, lungo l’asse via Flaminia-viale Tiziano; l’asse di via Guido Reni, tra Villa Glori e Monte Mario; la “Città del Fiume”, tra Ponte Risorgimento e Ponte Flaminio. Ne risulta un quadro d’insieme che costituisce una convincente proposta di riqualificazione e sviluppo per questo brano di città.
Abstract:
Intervention strategies for the “Flaminio” neighbourhood
by Piero Ostilio Rossi
The research deliberately reflects on a limited number of targeted strategies that refer to specific characteristics of the neighborhood and develops three main themes of analysis: the system of open spaces with particular attention to their configuration and the urban landscapes they determine; the system of margins that defines the study area in a very precise way through environmental compartments and landscape units of considerable interest; the system of mobility flows with a specific focus on public transport on rail and / or electric buses and on soft mobility (pedestrian paths, cycle paths, ski lifts). Three project proposals for the redevelopment and enhancement of the Flaminio are illustrated: the “Passeggiata Flaminia” and the Olympic facilities by Nervi, along the Via Flaminia-Viale Tiziano axis; the axis of via Guido Reni, between Villa Glori and Monte Mario; the “City of the River”, between Ponte Risorgimento and Ponte Flaminio. The result is an overall picture that constitutes a convincing redevelopment and development proposal for this part of the city.
Intervention strategies for the “Flaminio” neighbourhood
by Piero Ostilio Rossi
The research deliberately reflects on a limited number of targeted strategies that refer to specific characteristics of the neighborhood and develops three main themes of analysis: the system of open spaces with particular attention to their configuration and the urban landscapes they determine; the system of margins that defines the study area in a very precise way through environmental compartments and landscape units of considerable interest; the system of mobility flows with a specific focus on public transport on rail and / or electric buses and on soft mobility (pedestrian paths, cycle paths, ski lifts). Three project proposals for the redevelopment and enhancement of the Flaminio are illustrated: the “Passeggiata Flaminia” and the Olympic facilities by Nervi, along the Via Flaminia-Viale Tiziano axis; the axis of via Guido Reni, between Villa Glori and Monte Mario; the “City of the River”, between Ponte Risorgimento and Ponte Flaminio. The result is an overall picture that constitutes a convincing redevelopment and development proposal for this part of the city.
Abstract:
L’amico Oscar
di Domenico De Masi
De Masi ci presenta il suo grande amico Oscar Niemeyer, con cui ha condiviso tra l’altro l’avventura del progetto per l’auditorium di Ravello, raccontando diversi momenti della loro amicizia, ma soprattutto mettendo in luce la sua genialità: Niemeyer è grande sotto molti aspetti: quello artistico, con cui è riuscito a mutare il volto dell’intero Brasile e ad arricchire di capolavori il patrimonio estetico dell’intera umanità; quello politico, con cui ha testimoniato per tutta la vita il suo amore battagliero per i poveri, ha combattuto coraggiosamente la dittatura dei militari, ha patito l’esilio; quello civile, per cui ha continuato imperterrito, per tutta la sua lunga vita, ad affiancare le lotte dei “senza terra”, degli ambientalisti, dei diseredati, dei perseguitati e dei poveri, di cui ha condiviso la frugalità (“Io mi vergognerei se fossi un uomo ricco”); quello umano, per cui resta un genio buono, semplice, disponibile, generoso e intransigente.
L’amico Oscar
di Domenico De Masi
De Masi ci presenta il suo grande amico Oscar Niemeyer, con cui ha condiviso tra l’altro l’avventura del progetto per l’auditorium di Ravello, raccontando diversi momenti della loro amicizia, ma soprattutto mettendo in luce la sua genialità: Niemeyer è grande sotto molti aspetti: quello artistico, con cui è riuscito a mutare il volto dell’intero Brasile e ad arricchire di capolavori il patrimonio estetico dell’intera umanità; quello politico, con cui ha testimoniato per tutta la vita il suo amore battagliero per i poveri, ha combattuto coraggiosamente la dittatura dei militari, ha patito l’esilio; quello civile, per cui ha continuato imperterrito, per tutta la sua lunga vita, ad affiancare le lotte dei “senza terra”, degli ambientalisti, dei diseredati, dei perseguitati e dei poveri, di cui ha condiviso la frugalità (“Io mi vergognerei se fossi un uomo ricco”); quello umano, per cui resta un genio buono, semplice, disponibile, generoso e intransigente.
Abstract:
My friend Oscar
by Domenico De Masi
De Masi presents his great friend Oscar Niemeyer, with whom he shared, among other things, the adventure of the Ravello auditorium project, telling different moments of their friendship, but above all highlighting his genius: Niemeyer was great in many respects. On the artistic side, he managed to change the look of Brazil as a whole, and to enrich with his masterpieces all humanity’s aesthetic heritage. On the political side, he testified all his life to his love for the poor, he bravely fought the military dictatorship, he suffered exile. On the civic side, he unflinchingly supported, throughout his long life, the struggles of the landless workers, the environmentalists, the destitute, the victims of persecution, the poor, and shared their frugality (“I’d be ashamed if I was a rich man”). On the human side, he stayed a good-hearted genius, simple, helpful, generous and inflexible.
My friend Oscar
by Domenico De Masi
De Masi presents his great friend Oscar Niemeyer, with whom he shared, among other things, the adventure of the Ravello auditorium project, telling different moments of their friendship, but above all highlighting his genius: Niemeyer was great in many respects. On the artistic side, he managed to change the look of Brazil as a whole, and to enrich with his masterpieces all humanity’s aesthetic heritage. On the political side, he testified all his life to his love for the poor, he bravely fought the military dictatorship, he suffered exile. On the civic side, he unflinchingly supported, throughout his long life, the struggles of the landless workers, the environmentalists, the destitute, the victims of persecution, the poor, and shared their frugality (“I’d be ashamed if I was a rich man”). On the human side, he stayed a good-hearted genius, simple, helpful, generous and inflexible.
Abstract:
Territori digitali
di Rosalba Belibani
La rubrica Territori Digitali proposta in questa nuova edizione di Metamorfosi ha l’ambizione di presentare i prodotti, i temi, le novità le riflessioni emergenti attraverso dal patrimonio prodotto in architettura e per l’architettura attraverso il digitale. Il progetto può apparire temerario perché oggi tutto è tradotto in e per dal e non vi è campo di applicazione che usando i prodotti dell’information Communication Technology non abbia per qualche verso modificato in proprio DNA. In particolare, tra gli argomenti si discuterà sulle prospettive dell’uso degli algoritmi e degli strumenti digitali nel processo creativo, comunicativo e produttivo dell’architettura e dell’arte. Si indagherà anche la questione del controllo della forma e delle tecniche di realizzazione.
Territori digitali
di Rosalba Belibani
La rubrica Territori Digitali proposta in questa nuova edizione di Metamorfosi ha l’ambizione di presentare i prodotti, i temi, le novità le riflessioni emergenti attraverso dal patrimonio prodotto in architettura e per l’architettura attraverso il digitale. Il progetto può apparire temerario perché oggi tutto è tradotto in e per dal e non vi è campo di applicazione che usando i prodotti dell’information Communication Technology non abbia per qualche verso modificato in proprio DNA. In particolare, tra gli argomenti si discuterà sulle prospettive dell’uso degli algoritmi e degli strumenti digitali nel processo creativo, comunicativo e produttivo dell’architettura e dell’arte. Si indagherà anche la questione del controllo della forma e delle tecniche di realizzazione.
Abstract:
Digital
by Rosalba Belibani
The Digital Column proposed in this new edition of “Metamorfosi Q.d.A.” has the ambition to present the emerging products, themes, novelties, meditations proposed by digital production within and for architecture. Given how today everything is translated in and from the digital language, and how there is no field of application that, in using the products of Information Communication Technology, has not modified is own DNA in one way or another, this intention might co process of architecture and art across as exceedingly bold.
These issues particularly include the discussion of the perspectives of uses of algorithms and digital tools in the creative, communication and production and namely in the conception and control of form and construction procedures.
Digital
by Rosalba Belibani
The Digital Column proposed in this new edition of “Metamorfosi Q.d.A.” has the ambition to present the emerging products, themes, novelties, meditations proposed by digital production within and for architecture. Given how today everything is translated in and from the digital language, and how there is no field of application that, in using the products of Information Communication Technology, has not modified is own DNA in one way or another, this intention might co process of architecture and art across as exceedingly bold.
These issues particularly include the discussion of the perspectives of uses of algorithms and digital tools in the creative, communication and production and namely in the conception and control of form and construction procedures.
Abstract:
Soglie urbane
di Guendalina Salimei
Il nome della rubrica deriva dal latino limen, che pur significando anche confine, frontiera, propriamente sta a indicare sta a indicare soglia e, in senso figurato, inizio, principio. La rubrica indagherà quegli spazi della città abbandonati, residuali e degradati, le aree dismesse, le zone di bordo, i margini, gli spazi Interstiziali, gli edifici e le strutture inutilizzate ovvero tutta quella rete di spazi tra le cose prodotti dalla continua stratificazione e mutazione della città e dei territori.
Il tema limen attraversa diverse scale e diverse declinazioni, da quella locale a quella territoriale, dalla micro-scala alla macro-scala, dal naturale all’artificiale, dal conscio all’inconscio, dal visibile all’invisibile, diventando così metodo di lettura e d’interpretazione, in termini sia concettuali che fisici per leggere i processi metabolici della città contemporanea e per individuare nuovi elementi per il progetto.
Soglie urbane
di Guendalina Salimei
Il nome della rubrica deriva dal latino limen, che pur significando anche confine, frontiera, propriamente sta a indicare sta a indicare soglia e, in senso figurato, inizio, principio. La rubrica indagherà quegli spazi della città abbandonati, residuali e degradati, le aree dismesse, le zone di bordo, i margini, gli spazi Interstiziali, gli edifici e le strutture inutilizzate ovvero tutta quella rete di spazi tra le cose prodotti dalla continua stratificazione e mutazione della città e dei territori.
Il tema limen attraversa diverse scale e diverse declinazioni, da quella locale a quella territoriale, dalla micro-scala alla macro-scala, dal naturale all’artificiale, dal conscio all’inconscio, dal visibile all’invisibile, diventando così metodo di lettura e d’interpretazione, in termini sia concettuali che fisici per leggere i processi metabolici della città contemporanea e per individuare nuovi elementi per il progetto.
Abstract:
Urban thresholds
by Guendalina Salimei
Limen, the title of this column, strictly comes from the Latin limen that, while means boundary or frontier, strictly hints at thresholds and, figuratively, at start or beginning. The focus of the column will be the city’s abandoned and degraded spaces – the residual, decommissioned, fringe areas, borders, unused buildings, complexes and infrastructures. In other words, the networks of in-betweens space s resulting from the constant layering and transformation of city and territory.
The limen theme runs through different scales and declinations, from the local to the territorial ones, from the macro-scale to the macro-scale, from natural to man-made, from conscious to unconscious, from visible to invisible.
Therefore, the places and spaces of limen, at various degree, undergo a phase of transformation as areas that, being in a temporarily exceptional status, can provide a field for phenomenological and design experimentation.
Urban thresholds
by Guendalina Salimei
Limen, the title of this column, strictly comes from the Latin limen that, while means boundary or frontier, strictly hints at thresholds and, figuratively, at start or beginning. The focus of the column will be the city’s abandoned and degraded spaces – the residual, decommissioned, fringe areas, borders, unused buildings, complexes and infrastructures. In other words, the networks of in-betweens space s resulting from the constant layering and transformation of city and territory.
The limen theme runs through different scales and declinations, from the local to the territorial ones, from the macro-scale to the macro-scale, from natural to man-made, from conscious to unconscious, from visible to invisible.
Therefore, the places and spaces of limen, at various degree, undergo a phase of transformation as areas that, being in a temporarily exceptional status, can provide a field for phenomenological and design experimentation.
Abstract:
Intersezioni linguistiche
di Roberta Lucente
Questa rubrica intende riflettere sulle questioni del limite dei linguaggi dell’architettura a monte e a valle di essi. La domanda se l’architettura debba oggi soltanto rassegnarsi a rendere testimonianza del presente o possa invece rivendicare la propria capacità a indicare con il proprio linguaggio i novi orizzonti possibili, può trovare risposte attendibili soltanto se si riesce a far interagire esperienze provenienti da diversi campi: artistici, tecnici, teorici, filosofici, sociologici.
Questa rubrica intende continuare a riflettere su simili “intersezioni”, ponendo la questione del limite della specificità dei linguaggi e degli strumenti di ciascuna disciplina e il tracimare dell’una nell’altra.
Intersezioni linguistiche
di Roberta Lucente
Questa rubrica intende riflettere sulle questioni del limite dei linguaggi dell’architettura a monte e a valle di essi. La domanda se l’architettura debba oggi soltanto rassegnarsi a rendere testimonianza del presente o possa invece rivendicare la propria capacità a indicare con il proprio linguaggio i novi orizzonti possibili, può trovare risposte attendibili soltanto se si riesce a far interagire esperienze provenienti da diversi campi: artistici, tecnici, teorici, filosofici, sociologici.
Questa rubrica intende continuare a riflettere su simili “intersezioni”, ponendo la questione del limite della specificità dei linguaggi e degli strumenti di ciascuna disciplina e il tracimare dell’una nell’altra.
Abstract:
Languages’ intersections
by Roberta Lucente
This column intends to reflect on the questions of the limit of the languages of architecture upstream and downstream of them. The question of whether architecture should today only resign itself to bear witness to the present or can instead claim its ability to indicate with its own language the new possible horizons, can find reliable answers only if it is possible to make experiences from different fields interact: artistic, technical, theoretical, philosophical, sociological.
This column intends to continue to reflect on similar “intersections”, asking the question of the limit of the specificity of the languages and tools of each discipline and the overflow of one into the other. This column intends to keep on reporting the question of the boundary of architectural language’s specificity both upstream and downstream of such intersections.
Languages’ intersections
by Roberta Lucente
This column intends to reflect on the questions of the limit of the languages of architecture upstream and downstream of them. The question of whether architecture should today only resign itself to bear witness to the present or can instead claim its ability to indicate with its own language the new possible horizons, can find reliable answers only if it is possible to make experiences from different fields interact: artistic, technical, theoretical, philosophical, sociological.
This column intends to continue to reflect on similar “intersections”, asking the question of the limit of the specificity of the languages and tools of each discipline and the overflow of one into the other. This column intends to keep on reporting the question of the boundary of architectural language’s specificity both upstream and downstream of such intersections.
Abstract:
Catastrofi
di Nicoletta Trasi
Le catastrofi dei territori, siano essi di natura sociale, o man-made, o provocati da cause naturali o ancor peggio da conflitti e guerre, pongono l’urgenza di una risposta che l’architettura deve fornire alle situazioni post-disastro, sempre più frequenti e in tutte le parti del mondo. Non è facile individuare le modalità possibili di intervento, ma è compito dell’architettura perimetrare quel campo del design preposto a far fronte alle ferite che continuamente subisce il territorio, restituendo ad esso la necessaria resilienza.
Il tema è stato già trattato dalla prima serie della rivista, nel n. 66 del 2007 dedicato ai “Paesaggi fragili”. Anche la 15.ma Biennale di Venezia, nel 2015, ha proposto una serie di questioni su questo argomento: disuguaglianza, insicurezza, rifiuti, segregazione, spreco, migrazione, calamità naturali, carenza di alloggi…Questa rubrica ospiterà, quindi, quegli architetti che hanno dedicato il loro impegno ad affrontare il problema, come Cameron Sinclair (Ted Prize e fondatore di Architecture for Humanity), Toyo Ito (Home for All dopo il disastro di Sendai), dando voce anche a tutti coloro che sono sati capaci di offrire soluzioni efficaci alle criticità del territorio.
Catastrofi
di Nicoletta Trasi
Le catastrofi dei territori, siano essi di natura sociale, o man-made, o provocati da cause naturali o ancor peggio da conflitti e guerre, pongono l’urgenza di una risposta che l’architettura deve fornire alle situazioni post-disastro, sempre più frequenti e in tutte le parti del mondo. Non è facile individuare le modalità possibili di intervento, ma è compito dell’architettura perimetrare quel campo del design preposto a far fronte alle ferite che continuamente subisce il territorio, restituendo ad esso la necessaria resilienza.
Il tema è stato già trattato dalla prima serie della rivista, nel n. 66 del 2007 dedicato ai “Paesaggi fragili”. Anche la 15.ma Biennale di Venezia, nel 2015, ha proposto una serie di questioni su questo argomento: disuguaglianza, insicurezza, rifiuti, segregazione, spreco, migrazione, calamità naturali, carenza di alloggi…Questa rubrica ospiterà, quindi, quegli architetti che hanno dedicato il loro impegno ad affrontare il problema, come Cameron Sinclair (Ted Prize e fondatore di Architecture for Humanity), Toyo Ito (Home for All dopo il disastro di Sendai), dando voce anche a tutti coloro che sono sati capaci di offrire soluzioni efficaci alle criticità del territorio.
Abstract:
Disasters otherwhere
by Nicoletta Trasi
The catastrophes of the territories, be they social, or man-made, or caused by natural causes or even worse by conflicts and wars, pose the urgency of an answer that architecture must provide to post-disaster situations, more and more frequent and in all parts of the world. It is not easy to identify the possible methods of intervention, but it is the task of architecture to delimit that field of design designed to deal with the wounds that the territory continually suffers, restoring to it the necessary resilience.
The theme has already been dealt with in the first series of the magazine, in n. 66 of 2007 dedicated to “Fragile landscapes”. Also, the 15th Venice Biennale, in 2015, proposed a series of questions on this topic: inequality, insecurity, waste, segregation, waste, migration, natural disasters, housing shortage … This column will therefore present those architects who dedicated their efforts to tackle the problem, such as Cameron Sinclair (Ted Prize and founder of Architecture for Humanity), Toyo Ito (Home for All after the Sendai disaster), giving voice to all those who were able to offer solutions effective to the criticalities of the territory.
Disasters otherwhere
by Nicoletta Trasi
The catastrophes of the territories, be they social, or man-made, or caused by natural causes or even worse by conflicts and wars, pose the urgency of an answer that architecture must provide to post-disaster situations, more and more frequent and in all parts of the world. It is not easy to identify the possible methods of intervention, but it is the task of architecture to delimit that field of design designed to deal with the wounds that the territory continually suffers, restoring to it the necessary resilience.
The theme has already been dealt with in the first series of the magazine, in n. 66 of 2007 dedicated to “Fragile landscapes”. Also, the 15th Venice Biennale, in 2015, proposed a series of questions on this topic: inequality, insecurity, waste, segregation, waste, migration, natural disasters, housing shortage … This column will therefore present those architects who dedicated their efforts to tackle the problem, such as Cameron Sinclair (Ted Prize and founder of Architecture for Humanity), Toyo Ito (Home for All after the Sendai disaster), giving voice to all those who were able to offer solutions effective to the criticalities of the territory.
Abstract:
Trasformazioni
di Maurizio Petrangeli
Radicali trasformazioni stanno investendo le città e i caratteri del costruito, inducendo profondi cambiamenti nei tessuti urbani: i fenomeni migratorie e la stessa struttura della popolazione cambiano le modalità del modo di abitare ed esigono la sperimentazione di nuove tipologie residenziali. La de-localzzazione degli insediamenti rende disponibili a nuovi usi aree e manufatti di rilevante interesse strategico. La rubrica intende analizzare processi di sviluppo che seguono strade diverse. Da un lato l’espansione della città con sistemi a rete dove i nodi sono costituiti dalle nuove centralità urbane nonché la crescita del terziario e del settore finanziario accelera i processi di rinnovamento del centro storico delle città. Dall’altra la trasformazione dell’esistente per il riuso, la riconversione, la rigenerazione che combattono il degrado e restituiscono valore al patrimonio edilizio esistente. La rubrica sarà un sismografo di esempi internazionali che affrontano la questione.
Trasformazioni
di Maurizio Petrangeli
Radicali trasformazioni stanno investendo le città e i caratteri del costruito, inducendo profondi cambiamenti nei tessuti urbani: i fenomeni migratorie e la stessa struttura della popolazione cambiano le modalità del modo di abitare ed esigono la sperimentazione di nuove tipologie residenziali. La de-localzzazione degli insediamenti rende disponibili a nuovi usi aree e manufatti di rilevante interesse strategico. La rubrica intende analizzare processi di sviluppo che seguono strade diverse. Da un lato l’espansione della città con sistemi a rete dove i nodi sono costituiti dalle nuove centralità urbane nonché la crescita del terziario e del settore finanziario accelera i processi di rinnovamento del centro storico delle città. Dall’altra la trasformazione dell’esistente per il riuso, la riconversione, la rigenerazione che combattono il degrado e restituiscono valore al patrimonio edilizio esistente. La rubrica sarà un sismografo di esempi internazionali che affrontano la questione.
Abstract:
Transformations
by Maurizio Petrangeli
Radical transformations are altering the cities and the characters of buildings, triggering deep changes in the urban development: the migratory phenomena and the very structure of the population change the way of living and demand the experimentation of new residential typologies. The de-localization of settlements makes areas and buildings of significant strategic interest available to new uses. The column aims to analyze development processes that follow different paths. On the one hand the expansion of the city with network systems where the nodes are constituted by the new urban Centre so as the tertiary sector and the financial sector accelerate the processes of renewal of the historic city Center. On the other hand, the transformation of the existing building for re-use, reconversion, regeneration, fighting degradation and restoring value to the existing building heritage. The column will be a seismograph of international examples that address the issue.
Transformations
by Maurizio Petrangeli
Radical transformations are altering the cities and the characters of buildings, triggering deep changes in the urban development: the migratory phenomena and the very structure of the population change the way of living and demand the experimentation of new residential typologies. The de-localization of settlements makes areas and buildings of significant strategic interest available to new uses. The column aims to analyze development processes that follow different paths. On the one hand the expansion of the city with network systems where the nodes are constituted by the new urban Centre so as the tertiary sector and the financial sector accelerate the processes of renewal of the historic city Center. On the other hand, the transformation of the existing building for re-use, reconversion, regeneration, fighting degradation and restoring value to the existing building heritage. The column will be a seismograph of international examples that address the issue.