Quarta di copertina
Bruno Zevi ha avuto un ruolo determinante per la comprensione e la diffusione dell’architettura contemporanea. Nel centenario della sua nascita – in ideale connessione con le iniziative che la Fondazione Bruno Zevi sta organizzando in Italia e all’estero – “Metamorfosi Q.d.A.” dedica questo numero ad alcuni temi della sua battaglia culturale e didattica. L’obiettivo è quello di gettare un ponte tra quanto le generazioni successive hanno da lui assimilato, pur percorrendo diverse strade, e quanto delle sue intuizioni resta ancora vivo e utile per un diverso modo di fare architettura, legato ai temi sociali e alla ricerca di un nesso in evoluzione tra architettura, città e paesaggio.
Back Cover
Bruno Zevi played a crucial role in the understanding and propagation of contemporary architecture. On the Centenary of this birth – in an ideal connection with the initiatives that the Bruno Zevi Foundation is promoting both in Italy and abroad – “Metamorfosi Q.d.A.” devotes this issue to some aspect by its cultural and educational battle. The goal is to build a bridge between what the next generation learnt from him, all while following different path, and what still remains alive and useful of his insights for a different way of practicing architecture inspired by social questions and in pursuit of an evolving link between architecture, city and landscape.
Bruno Zevi ha avuto un ruolo determinante per la comprensione e la diffusione dell’architettura contemporanea. Nel centenario della sua nascita – in ideale connessione con le iniziative che la Fondazione Bruno Zevi sta organizzando in Italia e all’estero – “Metamorfosi Q.d.A.” dedica questo numero ad alcuni temi della sua battaglia culturale e didattica. L’obiettivo è quello di gettare un ponte tra quanto le generazioni successive hanno da lui assimilato, pur percorrendo diverse strade, e quanto delle sue intuizioni resta ancora vivo e utile per un diverso modo di fare architettura, legato ai temi sociali e alla ricerca di un nesso in evoluzione tra architettura, città e paesaggio.
Back Cover
Bruno Zevi played a crucial role in the understanding and propagation of contemporary architecture. On the Centenary of this birth – in an ideal connection with the initiatives that the Bruno Zevi Foundation is promoting both in Italy and abroad – “Metamorfosi Q.d.A.” devotes this issue to some aspect by its cultural and educational battle. The goal is to build a bridge between what the next generation learnt from him, all while following different path, and what still remains alive and useful of his insights for a different way of practicing architecture inspired by social questions and in pursuit of an evolving link between architecture, city and landscape.
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BRUNO ZEVI.100 a cura di / edited by Alessandra Muntoni
Editoriale / Editorial
4 Marcello Pazzaglini, Elementi per la costruzione della critica architettonica / Elements for the Construction of Architecture Criticism
10 BRUNO ZEVI: STORIA, CRITICA, LINGUAGGIO, DIDATTICA, RIVOLUZIONE INFORMATICA, PENSIERO EBRAICO / HISTORY, CRITICISM, LANGUAGE, THEACHING, IT REVOLUTION, HEBRAISM AND ARCHITECTURE
14 Giorgio Ciucci, “Scrivere la storia col pugnale” / “Writing History with the Dagger”
30 Piero Ostilio Rossi, La riforma del biennio alla Facoltà di architettura di Roma, 1964-1965 / Bruno Zevi and the Reform of the Two-year Course of the Faculty of Architecture in Rome, 1964-1965
44 Alessandra Muntoni, La critica operativa come mediazione tra storia e progetto, 1971-1979 / Operative Criticism between History and Design, 1971-1979
56 Bruno Zevi-ICODA, Proposta di una pubblicazione permanente / Proposal for a permanent Publication
68 Antonino Saggio, Una eredità viva di Bruno Zevi: la rivoluzione informatica in architettura / A living Legacy of Bruno Zevi: the EI Revolution in Architecture
76 Rosalba Belibani, Il pensiero ebraico e l’architettura / Jewish Thought and Architecture
84 BRUNO ZEVI: INCONTRI CON / BRUNO ZEVI: CLOSE ENCOUNTERS WITH
86 Franco Purini, Ricordi dal Lago di Como, il convegno su Terragni, 1968 / Memories from Lake Como, Conference on Terragni, 1968
96 Giancarlo Consonni, Graziella Tonon, Zevi e Piero Bottoni / Zevi and Piero Bottoni
106 Nicoletta Trasi, Zevi e André Wogensky / Zevi and André Wogensky
114 Roberta Lucente, Zevi e Luigi Moretti / Zevi and Luigi Moretti
124 Maurizio Petrangeli, Zevi e Luigi Pellegrin / Zevi and Luigi Pellegrin
134 Gabriele De Giorgi, Zevi e Metamorph / Zevi and Metamorph
Colofon / Colophon
144 Acronimi e abbreviazioni / Acronyms and abbreviations
BRUNO ZEVI.100 a cura di / edited by Alessandra Muntoni
Editoriale / Editorial
4 Marcello Pazzaglini, Elementi per la costruzione della critica architettonica / Elements for the Construction of Architecture Criticism
10 BRUNO ZEVI: STORIA, CRITICA, LINGUAGGIO, DIDATTICA, RIVOLUZIONE INFORMATICA, PENSIERO EBRAICO / HISTORY, CRITICISM, LANGUAGE, THEACHING, IT REVOLUTION, HEBRAISM AND ARCHITECTURE
14 Giorgio Ciucci, “Scrivere la storia col pugnale” / “Writing History with the Dagger”
30 Piero Ostilio Rossi, La riforma del biennio alla Facoltà di architettura di Roma, 1964-1965 / Bruno Zevi and the Reform of the Two-year Course of the Faculty of Architecture in Rome, 1964-1965
44 Alessandra Muntoni, La critica operativa come mediazione tra storia e progetto, 1971-1979 / Operative Criticism between History and Design, 1971-1979
56 Bruno Zevi-ICODA, Proposta di una pubblicazione permanente / Proposal for a permanent Publication
68 Antonino Saggio, Una eredità viva di Bruno Zevi: la rivoluzione informatica in architettura / A living Legacy of Bruno Zevi: the EI Revolution in Architecture
76 Rosalba Belibani, Il pensiero ebraico e l’architettura / Jewish Thought and Architecture
84 BRUNO ZEVI: INCONTRI CON / BRUNO ZEVI: CLOSE ENCOUNTERS WITH
86 Franco Purini, Ricordi dal Lago di Como, il convegno su Terragni, 1968 / Memories from Lake Como, Conference on Terragni, 1968
96 Giancarlo Consonni, Graziella Tonon, Zevi e Piero Bottoni / Zevi and Piero Bottoni
106 Nicoletta Trasi, Zevi e André Wogensky / Zevi and André Wogensky
114 Roberta Lucente, Zevi e Luigi Moretti / Zevi and Luigi Moretti
124 Maurizio Petrangeli, Zevi e Luigi Pellegrin / Zevi and Luigi Pellegrin
134 Gabriele De Giorgi, Zevi e Metamorph / Zevi and Metamorph
Colofon / Colophon
144 Acronimi e abbreviazioni / Acronyms and abbreviations
Abstract:
ELEMENTI PER LA COSTRUZIONE DELLA CRITICA ARCHITETTONICA
di Marcello Pazzaglini
Bruno Zevi intende la critica come valutazione, come giudizio. Per fare questo costruisce una griglia selettiva basata su scelte di campo che verifica in ogni sua applicazione, che ha radici negli eventi della contemporaneità e ne ritrova corrispondenze antiche attraverso un procedimento comparativo. In questa griglia il rapporto tra storia, critica e progetto è strettissimo. È una griglia che nella sua originalità e complessità si confronta con quella dei grandi critici a lui contemporanei: G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo e prima con L. Venturi, le estetiche di B. Croce e F. Wickhoff.
Qui ne cogliamo solo alcuni aspetti selezionati tra quelli più importanti.
ELEMENTI PER LA COSTRUZIONE DELLA CRITICA ARCHITETTONICA
di Marcello Pazzaglini
Bruno Zevi intende la critica come valutazione, come giudizio. Per fare questo costruisce una griglia selettiva basata su scelte di campo che verifica in ogni sua applicazione, che ha radici negli eventi della contemporaneità e ne ritrova corrispondenze antiche attraverso un procedimento comparativo. In questa griglia il rapporto tra storia, critica e progetto è strettissimo. È una griglia che nella sua originalità e complessità si confronta con quella dei grandi critici a lui contemporanei: G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo e prima con L. Venturi, le estetiche di B. Croce e F. Wickhoff.
Qui ne cogliamo solo alcuni aspetti selezionati tra quelli più importanti.
Abstract:
Elements for the construction of architecture criticism
by Marcello Pazzaglini
For Bruno Zevi, criticism is assessment, judgement – a practice that requires a selective grid he derives from precise positions verified in every application and rooted in contemporary events that resonate with past occurrences through a process of comparison. History, criticism and design closely connect in such grid. In its originality and complexity, Zevi’s grid is comparable with those of his contemporaries – other great critics such as G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo and earlier L. Venturi, B. Croce’s Aesthetics and F. Wickhoff.
We are going to explore just some of its aspects selected from his the most important ideas.
Elements for the construction of architecture criticism
by Marcello Pazzaglini
For Bruno Zevi, criticism is assessment, judgement – a practice that requires a selective grid he derives from precise positions verified in every application and rooted in contemporary events that resonate with past occurrences through a process of comparison. History, criticism and design closely connect in such grid. In its originality and complexity, Zevi’s grid is comparable with those of his contemporaries – other great critics such as G.C. Argan, C. L. Ragghianti, M. Marangoni, C. Brandi, S. Bettini, L. Mumford, G. K. König, R. Bonelli, F. Menna, L. Benevolo and earlier L. Venturi, B. Croce’s Aesthetics and F. Wickhoff.
We are going to explore just some of its aspects selected from his the most important ideas.
Abstract:
“SCRIVERE LA STORIA COL PUGNALE”
di Giorgio Ciucci
Il 15 novembre 1949, all’IUAV diretto da Giuseppe Samonà, Bruno Zevi pronuncia la sua prolusione dal titolo Franz Wickhoff e la poetica romana del continuum. L’intervento si conclude con la citazione di un passo di Francesco De Sanctis tratto dalla Storia della letteratura italiana nel quale lo storico irpino riassume in poche frasi il carattere di due storici fiorentini del Trecento, Dino Compagni e Giovanni Villani: «La Cronaca di Dino e le tre cronache de’ Villani comprendono il secolo. La prima narra la caduta de’ Bianchi, le altre raccontano il regno de’ Neri. Tra’ vinti erano Dino e Dante, tra’ vincitori i Villani. Questi raccontano con quieta indifferenza, come facessero un inventario; quelli scrivono la storia col pugnale. Chi si appaga della superficie, legga il Villani; ma chi vuol conoscere le passioni, i costumi, i caratteri, la vita interiore da cui escono i fatti, legga Dino».
Bruno Zevi s’identifica col Dino Compagni che scrive della Firenze fra il 1280 e il 1312: anche Zevi “scrive la storia col pugnale”, prende partito, si schiera, si appassiona, entra nelle pieghe della storia e delle cronache. Quello che De Sanctis aggiunge per Dino ‒ «i fatti che racconta sono fatti suoi, parte della sua vita, e la sua Cronaca è lo specchio del tempo […] nella realtà della vita pubblica» ‒ è valido anche per Bruno.
“SCRIVERE LA STORIA COL PUGNALE”
di Giorgio Ciucci
Il 15 novembre 1949, all’IUAV diretto da Giuseppe Samonà, Bruno Zevi pronuncia la sua prolusione dal titolo Franz Wickhoff e la poetica romana del continuum. L’intervento si conclude con la citazione di un passo di Francesco De Sanctis tratto dalla Storia della letteratura italiana nel quale lo storico irpino riassume in poche frasi il carattere di due storici fiorentini del Trecento, Dino Compagni e Giovanni Villani: «La Cronaca di Dino e le tre cronache de’ Villani comprendono il secolo. La prima narra la caduta de’ Bianchi, le altre raccontano il regno de’ Neri. Tra’ vinti erano Dino e Dante, tra’ vincitori i Villani. Questi raccontano con quieta indifferenza, come facessero un inventario; quelli scrivono la storia col pugnale. Chi si appaga della superficie, legga il Villani; ma chi vuol conoscere le passioni, i costumi, i caratteri, la vita interiore da cui escono i fatti, legga Dino».
Bruno Zevi s’identifica col Dino Compagni che scrive della Firenze fra il 1280 e il 1312: anche Zevi “scrive la storia col pugnale”, prende partito, si schiera, si appassiona, entra nelle pieghe della storia e delle cronache. Quello che De Sanctis aggiunge per Dino ‒ «i fatti che racconta sono fatti suoi, parte della sua vita, e la sua Cronaca è lo specchio del tempo […] nella realtà della vita pubblica» ‒ è valido anche per Bruno.
Abstract:
“WRITING HISTORY WITH THE DAGGER”
by Giorgio Ciucci
On November 15, 1949, Bruno Zevi inaugurated the academic year at the Venice IUAV directed by Giuseppe Samonà with an introductory speech entitled Franz Wickhoff and the Roman poetics of the continuum. His speech ended with a passage from the Italian historian Francesco De Sanctis’ History of Italian Literature that resumed in just a few sentences the characters of Dino Compagni and Giovanni Villani, two fourteenth century historians born in Florence: «Dino’s Chronicle and Villani’s chronicles describe the fall of the White Guelfs, the latter narrate the reign of the Black Guelfs. Dino and Dante sided with the losers, Villani with the winners. The latter’s narrative is quietly indifferent, as though doing inventory; the former write history with the dagger. If you are happy with the surface, read Villani; if, instead, you want to know about the passions, habits, characters, the interior life that determine the facts, read Dino».
The similarity between Bruno Zevi and Dino Compagni would seem all too obvious. Like Compagni, Zevi took sides, was passionate, and plunged in the folds of history and chronicles – he “wrote history with the dagger”. The words De Sanctis adds about Dino – «the facts he reports are his own facts, part of his own life, and his Chronicle mirrors his time […] in the reality of public life» – would apply to Bruno too.
“WRITING HISTORY WITH THE DAGGER”
by Giorgio Ciucci
On November 15, 1949, Bruno Zevi inaugurated the academic year at the Venice IUAV directed by Giuseppe Samonà with an introductory speech entitled Franz Wickhoff and the Roman poetics of the continuum. His speech ended with a passage from the Italian historian Francesco De Sanctis’ History of Italian Literature that resumed in just a few sentences the characters of Dino Compagni and Giovanni Villani, two fourteenth century historians born in Florence: «Dino’s Chronicle and Villani’s chronicles describe the fall of the White Guelfs, the latter narrate the reign of the Black Guelfs. Dino and Dante sided with the losers, Villani with the winners. The latter’s narrative is quietly indifferent, as though doing inventory; the former write history with the dagger. If you are happy with the surface, read Villani; if, instead, you want to know about the passions, habits, characters, the interior life that determine the facts, read Dino».
The similarity between Bruno Zevi and Dino Compagni would seem all too obvious. Like Compagni, Zevi took sides, was passionate, and plunged in the folds of history and chronicles – he “wrote history with the dagger”. The words De Sanctis adds about Dino – «the facts he reports are his own facts, part of his own life, and his Chronicle mirrors his time […] in the reality of public life» – would apply to Bruno too.
Abstract:
BRUNO ZEVI E LA RIFORMA DEL BIENNIO DELLA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DI ROMA. 1964-1965
di Piero Ostilio Rossi
Nel maggio del 1964 “Casabella” pubblicò un numero monografico dal titolo Dibattito sulle Scuole di Architettura in Italia. Il dossier di Roma, (Agitazione, situazione, prospettive) era curato da Renato Nicolini, allora Segretario del Consiglio Studentesco di Facoltà (il parlamentino degli studenti), e sintetizzava la situazione conflittuale della Facoltà così come si era andata sviluppando nei mesi precedenti: illustrava i complessi rapporti tra studenti, professori e assistenti, soprattutto per il Corso di Composizione architettonica), esprimeva le loro esigenze di rinnovamento e lasciava trasparire alcune possibili linee di riforma degli studi.
L’arrivo in Facoltà, nell’anno precedente, di Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni e Bruno Zevi, aveva contribuito a consolidare l’idea di un nuovo ordine degli studi.
BRUNO ZEVI E LA RIFORMA DEL BIENNIO DELLA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DI ROMA. 1964-1965
di Piero Ostilio Rossi
Nel maggio del 1964 “Casabella” pubblicò un numero monografico dal titolo Dibattito sulle Scuole di Architettura in Italia. Il dossier di Roma, (Agitazione, situazione, prospettive) era curato da Renato Nicolini, allora Segretario del Consiglio Studentesco di Facoltà (il parlamentino degli studenti), e sintetizzava la situazione conflittuale della Facoltà così come si era andata sviluppando nei mesi precedenti: illustrava i complessi rapporti tra studenti, professori e assistenti, soprattutto per il Corso di Composizione architettonica), esprimeva le loro esigenze di rinnovamento e lasciava trasparire alcune possibili linee di riforma degli studi.
L’arrivo in Facoltà, nell’anno precedente, di Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni e Bruno Zevi, aveva contribuito a consolidare l’idea di un nuovo ordine degli studi.
Abstract:
BRUNO ZEVI AND THE REFORM OF THE TWO-YEAR COURSE OF THE FACULTY OF ARCHITECTURE OF ROME. 1964-1965
by Piero Ostilio Rossi
In May 1964, the magazine “Casabella” devoted a monograph to the Debate on the Schools of Architecture in Italy. The report about Rome (Agitation, situation, perspectives), written by Renato Nicolini, at the time Secretary of the Faculty Student Council (the Parliament of students), reflected the conflictual situation that had been developing within the Faculty for several months. It illustrated the difficult relationships between students, professors and assistants, concerning particularly at the Architectural Design courses. Their requests expressed for a new course and hinted at suggestions for the reform of the study plan. The arrival of Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni and Bruno Zevi the year before had further stoked the flames of a conflict that combined cultural and political issues.
BRUNO ZEVI AND THE REFORM OF THE TWO-YEAR COURSE OF THE FACULTY OF ARCHITECTURE OF ROME. 1964-1965
by Piero Ostilio Rossi
In May 1964, the magazine “Casabella” devoted a monograph to the Debate on the Schools of Architecture in Italy. The report about Rome (Agitation, situation, perspectives), written by Renato Nicolini, at the time Secretary of the Faculty Student Council (the Parliament of students), reflected the conflictual situation that had been developing within the Faculty for several months. It illustrated the difficult relationships between students, professors and assistants, concerning particularly at the Architectural Design courses. Their requests expressed for a new course and hinted at suggestions for the reform of the study plan. The arrival of Luigi Piccinato, Ludovico Quaroni and Bruno Zevi the year before had further stoked the flames of a conflict that combined cultural and political issues.
Abstract:
LA CRITICA OPERATIVA COME MEDIAZIONE TRA STORIA E PROGETTO
di Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri ha messo in evidenza come Bruno Zevi, insieme a Jean-Paul Sartre e a Elio Vittorini, siano stati, intorno al 1945, «tra i più validi assertori in Europa, di un rilancio ideologico rivolto a colmare il salto tra impegno civile e azione culturale». Ma per Sartre l’impegno letterario è insieme politico-culturale; per Vittorini si era identificato prima con l’antifascismo, poi con l’inviolabilità della vita umana e quindi con il design inteso come ragione civile; per Zevi invece ha significato assorbire la critica – desunta dalla temperie del presente ‒ nella storia, indagando i percorsi e le motivazioni dei singoli architetti che erano riusciti a riattivare criticamente nei loro progetti un repertorio amplissimo di opere, di modelli urbanistici e di sistemi territoriali. La “critica operativa” nasce da qui.
Di fatto, il concetto di “critica operativa” ‒ seppure in filigrana ‒ è presente in Zevi fin dai suoi primi libri e dalla sua prima esperienza di insegnamento allo IUAV. Esso si evolverà negli anni fino ai testi scritti negli anni Settanta, in particolare Il linguaggio moderno dell’architettura e negli anni Novanta con Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
LA CRITICA OPERATIVA COME MEDIAZIONE TRA STORIA E PROGETTO
di Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri ha messo in evidenza come Bruno Zevi, insieme a Jean-Paul Sartre e a Elio Vittorini, siano stati, intorno al 1945, «tra i più validi assertori in Europa, di un rilancio ideologico rivolto a colmare il salto tra impegno civile e azione culturale». Ma per Sartre l’impegno letterario è insieme politico-culturale; per Vittorini si era identificato prima con l’antifascismo, poi con l’inviolabilità della vita umana e quindi con il design inteso come ragione civile; per Zevi invece ha significato assorbire la critica – desunta dalla temperie del presente ‒ nella storia, indagando i percorsi e le motivazioni dei singoli architetti che erano riusciti a riattivare criticamente nei loro progetti un repertorio amplissimo di opere, di modelli urbanistici e di sistemi territoriali. La “critica operativa” nasce da qui.
Di fatto, il concetto di “critica operativa” ‒ seppure in filigrana ‒ è presente in Zevi fin dai suoi primi libri e dalla sua prima esperienza di insegnamento allo IUAV. Esso si evolverà negli anni fino ai testi scritti negli anni Settanta, in particolare Il linguaggio moderno dell’architettura e negli anni Novanta con Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
Abstract:
OPERATIVE CRITICISM AS A MEDIATION BETWEEN HISTORY AND DESIGN
by Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri observed that, around 1945, Bruno Zevi was, along with Jean-Paul Sartre and Elio Vittorini, «among the champions, in Europe, of an ideological wave trying to fill the gap between civil commitment and cultural action». However, for Sartre, literary commitment had a political and cultural value; for Vittorini, commitment first coincided with antifascism, and later with the inviolability of human life and eventually with design conceived as civil responsibility. For Zevi, it meant incorporating criticism – as deduced from the present time ‒ into history by exploring the trajectories and reasons of the individual architects who had critically reactivated a very wide range of works, urban planning models and territorial systems within their own designs. It was the birth of “operative criticism”.
In fact, a first outline of the concept of “operative criticism” had appeared even in Zevi’s early books and teaching experience at the IUAV. Later, Zevi explores the concept until the 1970s and 1990s in the writings: Il linguaggio moderno dell’architettura and Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
OPERATIVE CRITICISM AS A MEDIATION BETWEEN HISTORY AND DESIGN
by Alessandra Muntoni
Manfredo Tafuri observed that, around 1945, Bruno Zevi was, along with Jean-Paul Sartre and Elio Vittorini, «among the champions, in Europe, of an ideological wave trying to fill the gap between civil commitment and cultural action». However, for Sartre, literary commitment had a political and cultural value; for Vittorini, commitment first coincided with antifascism, and later with the inviolability of human life and eventually with design conceived as civil responsibility. For Zevi, it meant incorporating criticism – as deduced from the present time ‒ into history by exploring the trajectories and reasons of the individual architects who had critically reactivated a very wide range of works, urban planning models and territorial systems within their own designs. It was the birth of “operative criticism”.
In fact, a first outline of the concept of “operative criticism” had appeared even in Zevi’s early books and teaching experience at the IUAV. Later, Zevi explores the concept until the 1970s and 1990s in the writings: Il linguaggio moderno dell’architettura and Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura.
Abstract:
PARLARE ARCHITETTURA o LA LINGUA ARCHITETTONICA o SAPER FARE ARCHITETTURA o COMUNICARE IN ARCHITETTURA o LINGUA ARCHITETTONICA E CRITICA OPERATIVA.
Appunti di Bruno Zevi
Nel 1971, ormai direttore dell’Istituto di Critica Operativa dell’Architettura di Roma, Bruno Zevi
scrive un documento programmatico per una pubblicazione permanente a schede. Il documento inizia con questa frase:
“Il motivo per cui il semplice annuncio della creazione di un ISTITUTO DI CRITICA OPERATIVA DELL’ARCHITETTURA ha suscitato vivo interesse nel mondo è facilmente spiegabile. La progettazione architettonica è in crisi ovunque, specie nei paesi in via di sviluppo. Un’iniziativa diretta a penetrarne i problemi scientificamente, con metodo storico, costituisce un atto di coraggio culturale, lungamente atteso. Inoltre, Roma è stata per secoli fonte di ispirazione e riferimento per gli architetti d’ogni continente. L’idea che vi si operi una verifica delle acquisizioni del movimento moderno e se ne indichino le possibilità di rilancio è accolta da un vasto consenso”.
Il documento si chiude con un programma di 100 letture di edifici dell’architettura contemporanea dalla Casa Rossa di William Morris al Centro Pompidou di Renzo Piano e Richard Rogers, con 10 esempi di architettura moderna nell’ambiente storico.
PARLARE ARCHITETTURA o LA LINGUA ARCHITETTONICA o SAPER FARE ARCHITETTURA o COMUNICARE IN ARCHITETTURA o LINGUA ARCHITETTONICA E CRITICA OPERATIVA.
Appunti di Bruno Zevi
Nel 1971, ormai direttore dell’Istituto di Critica Operativa dell’Architettura di Roma, Bruno Zevi
scrive un documento programmatico per una pubblicazione permanente a schede. Il documento inizia con questa frase:
“Il motivo per cui il semplice annuncio della creazione di un ISTITUTO DI CRITICA OPERATIVA DELL’ARCHITETTURA ha suscitato vivo interesse nel mondo è facilmente spiegabile. La progettazione architettonica è in crisi ovunque, specie nei paesi in via di sviluppo. Un’iniziativa diretta a penetrarne i problemi scientificamente, con metodo storico, costituisce un atto di coraggio culturale, lungamente atteso. Inoltre, Roma è stata per secoli fonte di ispirazione e riferimento per gli architetti d’ogni continente. L’idea che vi si operi una verifica delle acquisizioni del movimento moderno e se ne indichino le possibilità di rilancio è accolta da un vasto consenso”.
Il documento si chiude con un programma di 100 letture di edifici dell’architettura contemporanea dalla Casa Rossa di William Morris al Centro Pompidou di Renzo Piano e Richard Rogers, con 10 esempi di architettura moderna nell’ambiente storico.
Abstract:
SPEAKING ARCHITECTURE or ARCHITECTURAL LANGUAGE or KNOWING HOW TO MAKE ARCHITECTURE or COMMUNICATE IN ARCHITECTURE or ARCHITECTURAL LANGUAGE AND OPERATIONAL CRITICISM.
Notes by Bruno Zevi
In 1971, as director of the Institute of Operational Architecture Criticism of Rome, Bruno Zevi writes a programmatic document for a permanent tabbed publication. The document begins with this sentence:
“The reason why the simple announcement of the creation of an ARCHITECTURAL OPERATIONAL CRITICAL INSTITUTE has aroused great interest in the world is easily explained. Architectural design is in crisis everywhere, especially in developing countries. An initiative aimed at penetrating its problems scientifically, with a historical method, constitutes an act of cultural courage, long awaited. Furthermore, Rome has been a source of inspiration and reference for architects from every continent for centuries. The idea that a check is carried out on the acquisitions of the modern movement and indicate its possibilities for recovery is welcomed by a broad consensus”.
The document closes with a program of 100 readings of buildings of contemporary architecture from the Red House by William Morris to the Pompidou Center of Renzo Piano and Richard Rogers, with 10 examples of modern architecture in the historical environment.
SPEAKING ARCHITECTURE or ARCHITECTURAL LANGUAGE or KNOWING HOW TO MAKE ARCHITECTURE or COMMUNICATE IN ARCHITECTURE or ARCHITECTURAL LANGUAGE AND OPERATIONAL CRITICISM.
Notes by Bruno Zevi
In 1971, as director of the Institute of Operational Architecture Criticism of Rome, Bruno Zevi writes a programmatic document for a permanent tabbed publication. The document begins with this sentence:
“The reason why the simple announcement of the creation of an ARCHITECTURAL OPERATIONAL CRITICAL INSTITUTE has aroused great interest in the world is easily explained. Architectural design is in crisis everywhere, especially in developing countries. An initiative aimed at penetrating its problems scientifically, with a historical method, constitutes an act of cultural courage, long awaited. Furthermore, Rome has been a source of inspiration and reference for architects from every continent for centuries. The idea that a check is carried out on the acquisitions of the modern movement and indicate its possibilities for recovery is welcomed by a broad consensus”.
The document closes with a program of 100 readings of buildings of contemporary architecture from the Red House by William Morris to the Pompidou Center of Renzo Piano and Richard Rogers, with 10 examples of modern architecture in the historical environment.
Abstract:
UNA EREDITÀ VIVA DI BRUNO ZEVI: LA RIVOLUZIONE INFORMATICA IN ARCHITETTURA
di Antonino Saggio
La collana “La rivoluzione informatica in Architettura”, proposta da Saggio a Bruno Zevi per Testo & Immagine è il contributo più forte che il curatore della collana è riuscito a dare al dibattito internazionale sull’architettura. È stata pubblicata in cinque lingue e dal 1998 al 2015 ha prodotto 38 libri su una tematica nuova e necessaria. Ha catalizzato l’interesse dei lettori e accompagnato la crescita di una generazione di architetti che ormai da molti anni ha un ruolo di primo piano nel dibattito dell’architettura: da Patrick Schumacher a Makoto Sei Watanabe da Kas Oosterhuis a Ben van Berkel. Questi architetti insieme a studiosi e docenti come Gerhard Schmitt, Derrick de Kerckhove il compianto Kari Jormakka vi hanno scritto ed hanno, insieme ad un elevato numero di più giovani studiosi, per esempio Luca Galofaro, Alicia Imperiale, Antonello Marotta diffuso ad un vasto pubblico diversi aspetti della rivoluzione informatica.
UNA EREDITÀ VIVA DI BRUNO ZEVI: LA RIVOLUZIONE INFORMATICA IN ARCHITETTURA
di Antonino Saggio
La collana “La rivoluzione informatica in Architettura”, proposta da Saggio a Bruno Zevi per Testo & Immagine è il contributo più forte che il curatore della collana è riuscito a dare al dibattito internazionale sull’architettura. È stata pubblicata in cinque lingue e dal 1998 al 2015 ha prodotto 38 libri su una tematica nuova e necessaria. Ha catalizzato l’interesse dei lettori e accompagnato la crescita di una generazione di architetti che ormai da molti anni ha un ruolo di primo piano nel dibattito dell’architettura: da Patrick Schumacher a Makoto Sei Watanabe da Kas Oosterhuis a Ben van Berkel. Questi architetti insieme a studiosi e docenti come Gerhard Schmitt, Derrick de Kerckhove il compianto Kari Jormakka vi hanno scritto ed hanno, insieme ad un elevato numero di più giovani studiosi, per esempio Luca Galofaro, Alicia Imperiale, Antonello Marotta diffuso ad un vasto pubblico diversi aspetti della rivoluzione informatica.
Abstract:
A LIVING INHERITANCE OF BRUNO ZEVI: THE INFORMATION TECHNOLOGY REVOLUTION IN ARCHITECTURE
by Antonino Saggio
The series “La rivoluzione informatica in Architettura” proposed by Saggio to Bruno Zevi for Testo & Immagine is the strongest contribution that the curator of the series managed to give to the international architecture debate. It was published in five languages and from 1998 to 2015 produced 38 books on a new and necessary topic. It has attracted the interest of readers and accompanied the growth of a generation of architects that for many years now has played a leading role in the architecture debate: from Patrick Schumacher to Makoto Sei Watanabe from Kas Oosterhuis to Ben van Berkel. These architects, along with scholars and professors such as Gerhard Schmitt, Derrick de Kerckhove and the late Kari Jormakka have written to you and have, together with a large number of younger scholars, for example Luca Galofaro, Alicia Imperiale, Antonello Marotta, spread to a diverse audience aspects of the information revolution.
A LIVING INHERITANCE OF BRUNO ZEVI: THE INFORMATION TECHNOLOGY REVOLUTION IN ARCHITECTURE
by Antonino Saggio
The series “La rivoluzione informatica in Architettura” proposed by Saggio to Bruno Zevi for Testo & Immagine is the strongest contribution that the curator of the series managed to give to the international architecture debate. It was published in five languages and from 1998 to 2015 produced 38 books on a new and necessary topic. It has attracted the interest of readers and accompanied the growth of a generation of architects that for many years now has played a leading role in the architecture debate: from Patrick Schumacher to Makoto Sei Watanabe from Kas Oosterhuis to Ben van Berkel. These architects, along with scholars and professors such as Gerhard Schmitt, Derrick de Kerckhove and the late Kari Jormakka have written to you and have, together with a large number of younger scholars, for example Luca Galofaro, Alicia Imperiale, Antonello Marotta, spread to a diverse audience aspects of the information revolution.
Abstract:
ZEVI, EBRAISMO E ARCHITETTURA
di Rosalba Belibani
In occasione del centenario della nascita di Bruno Zevi, è stato ristampato il suo libro Ebraismo e architettura con una bella introduzione di Manuel Orazi. Zevi aveva trattato l’ebraismo in molti convegni e conferenze, articoli, ma solo dopo il 1993 raccoglie il suo pensiero sulla questione in questo piccolo libro. Ma già nel suo Pretesti di critica architettonica (1983), nel capitolo dal titolo Ebraismo e concezione spazio-temporale dell’arte, aveva anticipato a grandi linee la sua posizione. Ada Treves in Pagine ebraiche (2018), ipotizza alcune cause: una possibile reticenza, una difficoltà del suo “essere nella diaspora”, oppure una scelta eterodossa di posizione crociana “necessaria ai sopravvissuti”. Il motivo, però, potrebbe essere più impegnativo e doloroso, respingendo ogni dogma e negando che l’ebraismo, rispetto alla storia, riassuma in sé la concezione del tempo.
ZEVI, EBRAISMO E ARCHITETTURA
di Rosalba Belibani
In occasione del centenario della nascita di Bruno Zevi, è stato ristampato il suo libro Ebraismo e architettura con una bella introduzione di Manuel Orazi. Zevi aveva trattato l’ebraismo in molti convegni e conferenze, articoli, ma solo dopo il 1993 raccoglie il suo pensiero sulla questione in questo piccolo libro. Ma già nel suo Pretesti di critica architettonica (1983), nel capitolo dal titolo Ebraismo e concezione spazio-temporale dell’arte, aveva anticipato a grandi linee la sua posizione. Ada Treves in Pagine ebraiche (2018), ipotizza alcune cause: una possibile reticenza, una difficoltà del suo “essere nella diaspora”, oppure una scelta eterodossa di posizione crociana “necessaria ai sopravvissuti”. Il motivo, però, potrebbe essere più impegnativo e doloroso, respingendo ogni dogma e negando che l’ebraismo, rispetto alla storia, riassuma in sé la concezione del tempo.
Abstract:
ZEVI, HEBRAISM AND ARCHITECTURE
by Rosalba Belibani
On the centenary of Bruno Zevi’s birth, the publisher Giuntina luckily reprinted his book Ebraismo e Architettura in its Le perline series with a beautiful introduction by Manuel Orazi. Although Zevi had written about Hebraism in several introductions, speeches and lectures, it was only after 1993 that he would finally condense his thought about the subject in this small book. Earlier he had written about Ebraismo e concezione spazio-temporale dell’arte, a chapter of Pretesti di critica architettonica (Einaudi, Turin 1983) that broadly sums up and anticipates his position. In Pagine Ebraiche (2018), Ada Treves suggests some reasons why Zevi might have delayed the definition of his own identity, and not his religious belief. Perhaps a reticence because «whereof one cannot speak, thereof one must be silent» (Wittgenstein) or a difficulty he felt in «being in the Diaspora». Or maybe an unorthodox position inspired by Croce «necessary to survivors» based on which blending in with others means preventing a possible future separation, the pretext for past persecutions and the fear of a future antisemitism, something he foresaw with a certain clarity.
This issue offers other reason might be more delicate and challenging, as well as more painful.
ZEVI, HEBRAISM AND ARCHITECTURE
by Rosalba Belibani
On the centenary of Bruno Zevi’s birth, the publisher Giuntina luckily reprinted his book Ebraismo e Architettura in its Le perline series with a beautiful introduction by Manuel Orazi. Although Zevi had written about Hebraism in several introductions, speeches and lectures, it was only after 1993 that he would finally condense his thought about the subject in this small book. Earlier he had written about Ebraismo e concezione spazio-temporale dell’arte, a chapter of Pretesti di critica architettonica (Einaudi, Turin 1983) that broadly sums up and anticipates his position. In Pagine Ebraiche (2018), Ada Treves suggests some reasons why Zevi might have delayed the definition of his own identity, and not his religious belief. Perhaps a reticence because «whereof one cannot speak, thereof one must be silent» (Wittgenstein) or a difficulty he felt in «being in the Diaspora». Or maybe an unorthodox position inspired by Croce «necessary to survivors» based on which blending in with others means preventing a possible future separation, the pretext for past persecutions and the fear of a future antisemitism, something he foresaw with a certain clarity.
This issue offers other reason might be more delicate and challenging, as well as more painful.
Abstract:
RICORDI DAL LAGO DI COMO
di Franco Purini
Come per gran parte degli studenti della generazione iscritta alla Facoltà di Architettura all’inizio degli Anni Sessanta alcuni libri di Bruno Zevi ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – furono alla base della mia formazione. Quando nel 1963 egli tornò a Roma dopo i suoi anni allo IUAV (Istituto Universitario di Venezia), le sue lezioni mi introdussero ancora di più nello straordinario mondo che le sue pagine mi avevano rivelato. Un mondo avventuroso, nel quale l’architetto era chiamato a sfide continue, soprattutto con sé stesso, consistenti nel superare volta per volta il fissarsi del proprio linguaggio in forme che potevano divenire statiche e convenzionali. Nel 1968 uscì un numero molto importante di Architettura. Cronache e Storia, dedicato a Giuseppe Terragni, al quale seguì, nello stesso anno, un Convegno a Como. A venticinque anni dalla sua scomparsa, una riflessione sull’autore della Casa del Fascio doveva reinserire la sua opera, ancora sospesa in una sorta di limbo nel dibattito di allora, innescando riflessioni internazionali, come quelle di Peter Eisenman, rivelandone la formidabile attualità. L’articolo propone ulteriori ragionamenti relazionati alla propria esperienza progettuale.
RICORDI DAL LAGO DI COMO
di Franco Purini
Come per gran parte degli studenti della generazione iscritta alla Facoltà di Architettura all’inizio degli Anni Sessanta alcuni libri di Bruno Zevi ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – furono alla base della mia formazione. Quando nel 1963 egli tornò a Roma dopo i suoi anni allo IUAV (Istituto Universitario di Venezia), le sue lezioni mi introdussero ancora di più nello straordinario mondo che le sue pagine mi avevano rivelato. Un mondo avventuroso, nel quale l’architetto era chiamato a sfide continue, soprattutto con sé stesso, consistenti nel superare volta per volta il fissarsi del proprio linguaggio in forme che potevano divenire statiche e convenzionali. Nel 1968 uscì un numero molto importante di Architettura. Cronache e Storia, dedicato a Giuseppe Terragni, al quale seguì, nello stesso anno, un Convegno a Como. A venticinque anni dalla sua scomparsa, una riflessione sull’autore della Casa del Fascio doveva reinserire la sua opera, ancora sospesa in una sorta di limbo nel dibattito di allora, innescando riflessioni internazionali, come quelle di Peter Eisenman, rivelandone la formidabile attualità. L’articolo propone ulteriori ragionamenti relazionati alla propria esperienza progettuale.
Abstract:
MEMORIES FROM LAKE COMO
by Franco Purini
Being part of the generation that studied at the Faculty of Architecture in the early 1960s, Bruno Zevi’s books ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – were the pillars of my education. When, in 1963, Zevi returned to Rome after a few years at the IUAV, his lessons guided me further into the extraordinary world I had glimpsed in his books. An adventurous world where architects had to face constant challenges, most of all with themselves, in order to avert the freezing of their own language into static and conventional forms. In 1968, his magazine, Architettura. Cronache e Storia, published a very important monographic issue about Giuseppe Terragni, followed by a Conference held in Como later that year. It was a meditation about the designer of the Casa del Fascio that, twenty-five years after his death, tried to reframe his work. As Peter Eisenman’s analysis would prove within a few years, Terragni’s work might provide an inspiration that has remained as topical as ever over time. The issue offers further arguments in relationship with the idea of architecture of the autor.
MEMORIES FROM LAKE COMO
by Franco Purini
Being part of the generation that studied at the Faculty of Architecture in the early 1960s, Bruno Zevi’s books ‒ Storia dell’architettura moderna, Saper vedere l’architettura, Verso un’architettura organica – were the pillars of my education. When, in 1963, Zevi returned to Rome after a few years at the IUAV, his lessons guided me further into the extraordinary world I had glimpsed in his books. An adventurous world where architects had to face constant challenges, most of all with themselves, in order to avert the freezing of their own language into static and conventional forms. In 1968, his magazine, Architettura. Cronache e Storia, published a very important monographic issue about Giuseppe Terragni, followed by a Conference held in Como later that year. It was a meditation about the designer of the Casa del Fascio that, twenty-five years after his death, tried to reframe his work. As Peter Eisenman’s analysis would prove within a few years, Terragni’s work might provide an inspiration that has remained as topical as ever over time. The issue offers further arguments in relationship with the idea of architecture of the autor.
Abstract:
ZEVI E BOTTONI: L’ULTIMO ATTO DI UNA LUNGA AMICIZIA
di Giancarlo Consonni, Graziella Tonon
Appena dopo la morte, avvenuta il 9 aprile 1973, Zevi rende un duplice omaggio a Piero Bottoni: su “L’Espresso” ne traccia un ritratto incisivo; su “L’architettura, cronache e storia” gli dà idealmente la parola sulla sua ultima opera, “Diritto al cielo” (1973). Nel ritratto la chiave è offerta da un paio di intuizioni felici di Edoardo Persico: da un lato, l’operare in Bottoni di «motivi essenzialmente lirici» che sanno farsi «motivo musicale»; dall’altro, la propensione a fare dello spazio la materia prima dell’architettura, «gradu[ando] i pieni e i vuoti secondo un motivo interiore». Avendo Persico come ‘duca’, Zevi può individuare il principale filo rosso che tiene insieme l’intera opera dell’architetto milanese. L’articolo prende in esame alcune opere che offrono una particolare sintonia tra le idee di Zevi e quelle di Bottoni.
ZEVI E BOTTONI: L’ULTIMO ATTO DI UNA LUNGA AMICIZIA
di Giancarlo Consonni, Graziella Tonon
Appena dopo la morte, avvenuta il 9 aprile 1973, Zevi rende un duplice omaggio a Piero Bottoni: su “L’Espresso” ne traccia un ritratto incisivo; su “L’architettura, cronache e storia” gli dà idealmente la parola sulla sua ultima opera, “Diritto al cielo” (1973). Nel ritratto la chiave è offerta da un paio di intuizioni felici di Edoardo Persico: da un lato, l’operare in Bottoni di «motivi essenzialmente lirici» che sanno farsi «motivo musicale»; dall’altro, la propensione a fare dello spazio la materia prima dell’architettura, «gradu[ando] i pieni e i vuoti secondo un motivo interiore». Avendo Persico come ‘duca’, Zevi può individuare il principale filo rosso che tiene insieme l’intera opera dell’architetto milanese. L’articolo prende in esame alcune opere che offrono una particolare sintonia tra le idee di Zevi e quelle di Bottoni.
Abstract:
ZEVI AND BOTTONI: THE EPILOGUE OF A LONG FRIENDSHIP
by Giancarlo Consonni, Graziella Tonon
Shortly after his death, on April 9, 1973, Zevi paid a double tribute to Pietro Bottoni with an incisive portrait for “L’Espresso” and an essay for “L’architettura, cronache e storia” where he ideally had him explain his last work, “Diritto al cielo” [“Right to the Sky”] (1973). In the portrait, the key is provided by a couple of happy insights by Edoardo Persico – on one side, the presence of «essentially lyric motives» in Bottoni’s work that become a «leitmotif»; on the other side, the inclination to use space as the raw material for architecture, «by modulating solids and voids according to an interior motivation» . By choosing Persico as his ‘guide’, Zevi could retrace the main red thread that runs through the entire work of the Milan-based architect. The issue offers the evaluation of works by Piero Bottoni strongly sympathetic with Zevi’s mentality.
ZEVI AND BOTTONI: THE EPILOGUE OF A LONG FRIENDSHIP
by Giancarlo Consonni, Graziella Tonon
Shortly after his death, on April 9, 1973, Zevi paid a double tribute to Pietro Bottoni with an incisive portrait for “L’Espresso” and an essay for “L’architettura, cronache e storia” where he ideally had him explain his last work, “Diritto al cielo” [“Right to the Sky”] (1973). In the portrait, the key is provided by a couple of happy insights by Edoardo Persico – on one side, the presence of «essentially lyric motives» in Bottoni’s work that become a «leitmotif»; on the other side, the inclination to use space as the raw material for architecture, «by modulating solids and voids according to an interior motivation» . By choosing Persico as his ‘guide’, Zevi could retrace the main red thread that runs through the entire work of the Milan-based architect. The issue offers the evaluation of works by Piero Bottoni strongly sympathetic with Zevi’s mentality.
Abstract:
ANDRÉ WOGENSCKY VISTO DA BRUNO ZEVI
di Nicoletta Trasi
A distanza di pochi anni, Bruno Zevi pubblica due progetti di André Wogenscky nella storica rubrica su “L’Espresso”: il primo articolo risale al 1968 ed il secondo al 1973. Zevi decide di portare a conoscenza del pubblico italiano queste due opere molto note in Francia ma molto meno nel nostro Paese, e c’è da chiedersi come mai, nella vastissima produzione di Wogenscky di quegli anni, Zevi sceglie proprio queste due architetture. Leggendo i due articoli, da un lato si coglie con chiarezza una grande stima nei confronti di Wogenscky, «forse il migliore collaboratore di Le Corbusier» dice Zevi; e dall’altro fa emergere in più punti quel grande limite dovuto al perenne confronto col suo maestro Corbu. I due progetti vengono trattati proprio secondo queste chiavi di lettura. Il saggio, in base ad una approfondita ricerca d’archivio, rilegge l’attualità di queste due opere.
ANDRÉ WOGENSCKY VISTO DA BRUNO ZEVI
di Nicoletta Trasi
A distanza di pochi anni, Bruno Zevi pubblica due progetti di André Wogenscky nella storica rubrica su “L’Espresso”: il primo articolo risale al 1968 ed il secondo al 1973. Zevi decide di portare a conoscenza del pubblico italiano queste due opere molto note in Francia ma molto meno nel nostro Paese, e c’è da chiedersi come mai, nella vastissima produzione di Wogenscky di quegli anni, Zevi sceglie proprio queste due architetture. Leggendo i due articoli, da un lato si coglie con chiarezza una grande stima nei confronti di Wogenscky, «forse il migliore collaboratore di Le Corbusier» dice Zevi; e dall’altro fa emergere in più punti quel grande limite dovuto al perenne confronto col suo maestro Corbu. I due progetti vengono trattati proprio secondo queste chiavi di lettura. Il saggio, in base ad una approfondita ricerca d’archivio, rilegge l’attualità di queste due opere.
Abstract:
ANDRÉ WOGENSCKY SEEN BY BRUNO ZEVI
by Nicoletta Trasi
Within a few years, Bruno Zevi reviewed two designs by André Wogenscky – in 1968 and in 1973 – in his celebrated column for “L’Espresso”. Although very well known in France, they were less so in our country, and one wonders why Zevi selected precisely these two works in Wogenscky’s large production of the time and brought them to the attention of the Italian public. The two articles clearly convey Zevi’s high esteem for Wogenscky that he considered as «perhaps Le Corbusier’s best collaborator» and how such constant comparison with the master weighs on his assessment. The interpretation of the two designs results precisely from these perspectives. The essay, based on an in-depth archive research, discusses the relevance and the actuality of these two works. of these two works.
ANDRÉ WOGENSCKY SEEN BY BRUNO ZEVI
by Nicoletta Trasi
Within a few years, Bruno Zevi reviewed two designs by André Wogenscky – in 1968 and in 1973 – in his celebrated column for “L’Espresso”. Although very well known in France, they were less so in our country, and one wonders why Zevi selected precisely these two works in Wogenscky’s large production of the time and brought them to the attention of the Italian public. The two articles clearly convey Zevi’s high esteem for Wogenscky that he considered as «perhaps Le Corbusier’s best collaborator» and how such constant comparison with the master weighs on his assessment. The interpretation of the two designs results precisely from these perspectives. The essay, based on an in-depth archive research, discusses the relevance and the actuality of these two works. of these two works.
Abstract:
LUIGI MORETTI, UNO DEGLI “ARCHITETTI DI ZEVI”
di Roberta Lucente
Il controverso rapporto tra Bruno Zevi e Luigi Moretti è evidente in alcuni degli scritti del critico sull’architetto: Ambizione contro ingegno. Luigi Moretti double face; D’Annunzio gli è rimasto nel compasso. La morte di Luigi Moretti. Quest’ultimo è il titolo del necrologio firmato da Zevi nel luglio 1973, poi significativamente convertito, nelle Cronache di architettura, in Computer inceppato dal dannunzianesimo, a ulteriore conferma di una posizione del suo autore mai modificata, nel bene come nel male e nonostante «una profonda stima nelle sue possibilità». Oggi, però, a distanza di quasi cinquant’anni Moretti compare tra “Gli architetti di Zevi”, nella mostra del MAXXI così intitolata. Probabilmente i curatori hanno avvertito la necessità di rimediare a uno strappo che a più di un cultore di questi due protagonisti del Novecento deve essere sembrato un’occasione mancata.
Oggi Luigi Moretti sarebbe orgoglioso di figurare, infine, tra “Gli architetti di Zevi”, come il saggio dimostra efficacemente.
LUIGI MORETTI, UNO DEGLI “ARCHITETTI DI ZEVI”
di Roberta Lucente
Il controverso rapporto tra Bruno Zevi e Luigi Moretti è evidente in alcuni degli scritti del critico sull’architetto: Ambizione contro ingegno. Luigi Moretti double face; D’Annunzio gli è rimasto nel compasso. La morte di Luigi Moretti. Quest’ultimo è il titolo del necrologio firmato da Zevi nel luglio 1973, poi significativamente convertito, nelle Cronache di architettura, in Computer inceppato dal dannunzianesimo, a ulteriore conferma di una posizione del suo autore mai modificata, nel bene come nel male e nonostante «una profonda stima nelle sue possibilità». Oggi, però, a distanza di quasi cinquant’anni Moretti compare tra “Gli architetti di Zevi”, nella mostra del MAXXI così intitolata. Probabilmente i curatori hanno avvertito la necessità di rimediare a uno strappo che a più di un cultore di questi due protagonisti del Novecento deve essere sembrato un’occasione mancata.
Oggi Luigi Moretti sarebbe orgoglioso di figurare, infine, tra “Gli architetti di Zevi”, come il saggio dimostra efficacemente.
Abstract:
LUIGI MORETTI, ONE OF “ZEVI’S ARCHITECTS”
by Roberta Lucente
The controversial nature of the relationship between Bruno Zevi and Luigi Moretti clearly emerges from the titles of some of the texts the critic wrote about the architect – Ambizione contro ingegno. Luigi Moretti double face; D’Annunzio gli è rimasto nel compasso. The death of Luigi Moretti. The latter is the original title of the vibrant obituary Zevi wrote in July 1973, later interestingly transformed into Computer jammed by a “Dannuntian” spirit, when the text appeared in Cronache di architettura, as a further confirmation of the fact that the author never changed his position, for better or worse, despite «a deep esteem in his possibilities». Now, almost fifty years later, Moretti appears as one of “Zevi’s architects” in the exhibition at the MAXXI for the celebration of the Centenary of his birth. Probably the curators felt it was time to mend a breach that more than one supporter of these two giants of the twentieth century must have considered as a missed opportunity.
Luigi Moretti wrote to his beloved opponent certify he would have been proud of being, finally, one of “Zevi’s architects”. This issue demonstrates the correctness of this desire.
LUIGI MORETTI, ONE OF “ZEVI’S ARCHITECTS”
by Roberta Lucente
The controversial nature of the relationship between Bruno Zevi and Luigi Moretti clearly emerges from the titles of some of the texts the critic wrote about the architect – Ambizione contro ingegno. Luigi Moretti double face; D’Annunzio gli è rimasto nel compasso. The death of Luigi Moretti. The latter is the original title of the vibrant obituary Zevi wrote in July 1973, later interestingly transformed into Computer jammed by a “Dannuntian” spirit, when the text appeared in Cronache di architettura, as a further confirmation of the fact that the author never changed his position, for better or worse, despite «a deep esteem in his possibilities». Now, almost fifty years later, Moretti appears as one of “Zevi’s architects” in the exhibition at the MAXXI for the celebration of the Centenary of his birth. Probably the curators felt it was time to mend a breach that more than one supporter of these two giants of the twentieth century must have considered as a missed opportunity.
Luigi Moretti wrote to his beloved opponent certify he would have been proud of being, finally, one of “Zevi’s architects”. This issue demonstrates the correctness of this desire.
Abstract:
ZEVI E PELLEGRIN: UNA STORIA COMUNE
di Maurizio Petrangeli
Una recente mostra al MAXXI di Roma ha illustrato la figura di Zevi attraverso le opere degli architetti che, nel tempo, ha promosso; un’incessante attività che si è espressa con l’invito e il sostegno nei concorsi, la pubblicazione delle opere su “L’architettura, cronache e storia”, la diffusione delle ricerche e dei risultati di ciascuno in incontri, conferenze, dibattiti. Architetture e architetti che hanno contribuito a costruire l’esito formale più diretto delle sette invarianti zeviane.
Tra essi risalta Luigi Pellegrin, geniale protagonista del secondo Novecento che, a tutt’oggi, è ancora misconosciuto se non dichiaratamente osteggiato dalla cultura architettonica italiana. Tra i due ‒ Zevi e Pellegrin ‒ vi è sempre stato un rapporto di stima e di reciproco rispetto, anche se a volte aspro e polemico per il non facile temperamento di entrambi. Illustrando l’Ufficio postale di Saronno, il complesso scolastico di Pisa, alcuni concorsi e progetti utopistici, il saggio approfondisce la profonda intesa tra i due.
ZEVI E PELLEGRIN: UNA STORIA COMUNE
di Maurizio Petrangeli
Una recente mostra al MAXXI di Roma ha illustrato la figura di Zevi attraverso le opere degli architetti che, nel tempo, ha promosso; un’incessante attività che si è espressa con l’invito e il sostegno nei concorsi, la pubblicazione delle opere su “L’architettura, cronache e storia”, la diffusione delle ricerche e dei risultati di ciascuno in incontri, conferenze, dibattiti. Architetture e architetti che hanno contribuito a costruire l’esito formale più diretto delle sette invarianti zeviane.
Tra essi risalta Luigi Pellegrin, geniale protagonista del secondo Novecento che, a tutt’oggi, è ancora misconosciuto se non dichiaratamente osteggiato dalla cultura architettonica italiana. Tra i due ‒ Zevi e Pellegrin ‒ vi è sempre stato un rapporto di stima e di reciproco rispetto, anche se a volte aspro e polemico per il non facile temperamento di entrambi. Illustrando l’Ufficio postale di Saronno, il complesso scolastico di Pisa, alcuni concorsi e progetti utopistici, il saggio approfondisce la profonda intesa tra i due.
Abstract:
ZEVI AND PELLEGRIN: A SHARED HISTORY
by Maurizio Petrangeli
A recent exhibition at the MAXXI in Rome illustrated Zevi’s figure through the works of the architects he promoted over time – a relentless activity he developed by inviting them to competitions and supporting their work, by featuring their works in “L’architettura, cronache e storia”, and by illustrating their research and achievements in meetings, conferences, debates. Those architectures and architects helped define the most straightforward formal achievement of Zevi’s seven invariants. Luigi Pellegrin, a brilliant protagonist of the second half of the twentieth century who is still unrecognized if not downright shunned by Italian architectural culture, was a remarkable member of that group. Zevi and Pellegrin always shared a relationship of mutual esteem and respect, even with occasional bouts of virulent polemic due to the difficult temperament of both men. Throw the illustration of the Postal office in Saronno, the scholastic complex in Pisa, some international competitions and utopian Projects by Pellegri, the issue explicates the deep tuning between this two protagonists.
ZEVI AND PELLEGRIN: A SHARED HISTORY
by Maurizio Petrangeli
A recent exhibition at the MAXXI in Rome illustrated Zevi’s figure through the works of the architects he promoted over time – a relentless activity he developed by inviting them to competitions and supporting their work, by featuring their works in “L’architettura, cronache e storia”, and by illustrating their research and achievements in meetings, conferences, debates. Those architectures and architects helped define the most straightforward formal achievement of Zevi’s seven invariants. Luigi Pellegrin, a brilliant protagonist of the second half of the twentieth century who is still unrecognized if not downright shunned by Italian architectural culture, was a remarkable member of that group. Zevi and Pellegrin always shared a relationship of mutual esteem and respect, even with occasional bouts of virulent polemic due to the difficult temperament of both men. Throw the illustration of the Postal office in Saronno, the scholastic complex in Pisa, some international competitions and utopian Projects by Pellegri, the issue explicates the deep tuning between this two protagonists.
Abstract:
BRUNO ZEVI E NOI DEL GRUPPO METAMORPH (GABRIELE DE GIORGI, ALESSANDRA MUNTONI, MARCELLO PAZZAGLINI)
di Gabriele De Giorgi
Tra Zevi e noi Metamorph (inizialmente, fino al 1974, composto anche da Paolo Angeletti, Cina Conforto, Gaia Remiddi) c’era un’intesa culturale improntata soprattutto al rinnovamento dei linguaggi, della ricerca spaziale e della comunicazione dell’architettura. Perseguivamo questo obiettivo attraverso la spregiudicatezza dei riferimenti alle avanguardie e alla cultura delle metamorfosi. In nova fert animus mutatas dicere formas (Ovidio): iniziavamo con questa citazione il primo numero della nostra rivista “Metamorfosi, quaderni di architettura” (1985). Zevi è stato relatore delle nostre tre Tesi di Laurea che ora fanno parte delle collezioni permanenti del Centro Pompidou di Parigi e del Frac di Orleans insieme ad altri progetti del gruppo. Il sostegno di Zevi si è dimostrato determinante, in particolare per la pubblicazione su “L’architettura cronache e storia” e su “L’Espresso” della nostra opera per l’Istituto di Neuropsichiatria Infantile a Roma.
BRUNO ZEVI E NOI DEL GRUPPO METAMORPH (GABRIELE DE GIORGI, ALESSANDRA MUNTONI, MARCELLO PAZZAGLINI)
di Gabriele De Giorgi
Tra Zevi e noi Metamorph (inizialmente, fino al 1974, composto anche da Paolo Angeletti, Cina Conforto, Gaia Remiddi) c’era un’intesa culturale improntata soprattutto al rinnovamento dei linguaggi, della ricerca spaziale e della comunicazione dell’architettura. Perseguivamo questo obiettivo attraverso la spregiudicatezza dei riferimenti alle avanguardie e alla cultura delle metamorfosi. In nova fert animus mutatas dicere formas (Ovidio): iniziavamo con questa citazione il primo numero della nostra rivista “Metamorfosi, quaderni di architettura” (1985). Zevi è stato relatore delle nostre tre Tesi di Laurea che ora fanno parte delle collezioni permanenti del Centro Pompidou di Parigi e del Frac di Orleans insieme ad altri progetti del gruppo. Il sostegno di Zevi si è dimostrato determinante, in particolare per la pubblicazione su “L’architettura cronache e storia” e su “L’Espresso” della nostra opera per l’Istituto di Neuropsichiatria Infantile a Roma.
Abstract:
BRUNO ZEVI AND THE METAMORPH GROUP (GABRIELE DE GIORGI, ALESSANDRA MUNTONI, MARCELLO PAZZAGLINI).
by Gabriele De Giorgi
Our group (that also included Paolo Angeletti, Cina Conforto, and Gaia Remiddi until 1974) shared with Zevi a cultural approach mainly based on the renewal of languages, spatial research and the communication of architecture, a goal we pursued through an unconventional reliance on the avant-gardes and the culture of metamorphosis. A quotation from Ovid’s Metamorphoses, In nova fert animus mutatas dicere formas (My mind inclines me to speak of bodies changed into new forms) opened the inaugural issue (1985) of our magazine, “Metamorfosi, quaderni di architettura”. A quotation from Ovid’s Metamorphoses, “In nova fert animus mutatas dicere formas” (My mind inclines me to speak of bodies changed into new forms) opened the inaugural issue (1985) of our magazine, “Metamorfosi, quaderni di architettura”. Zevi supervised our dissertations (1966-67), which are now part of the permanent collections of the Centre Pompidou in Paris and the FRAC in Orleans along with other projects developed by the group. Zevi’s support has proved to be decisive, publishing our work for the Institute of Child Neuropsychiatry in Rom on “L’architettura, cronache e storia” and on “L’Espresso”
BRUNO ZEVI AND THE METAMORPH GROUP (GABRIELE DE GIORGI, ALESSANDRA MUNTONI, MARCELLO PAZZAGLINI).
by Gabriele De Giorgi
Our group (that also included Paolo Angeletti, Cina Conforto, and Gaia Remiddi until 1974) shared with Zevi a cultural approach mainly based on the renewal of languages, spatial research and the communication of architecture, a goal we pursued through an unconventional reliance on the avant-gardes and the culture of metamorphosis. A quotation from Ovid’s Metamorphoses, In nova fert animus mutatas dicere formas (My mind inclines me to speak of bodies changed into new forms) opened the inaugural issue (1985) of our magazine, “Metamorfosi, quaderni di architettura”. A quotation from Ovid’s Metamorphoses, “In nova fert animus mutatas dicere formas” (My mind inclines me to speak of bodies changed into new forms) opened the inaugural issue (1985) of our magazine, “Metamorfosi, quaderni di architettura”. Zevi supervised our dissertations (1966-67), which are now part of the permanent collections of the Centre Pompidou in Paris and the FRAC in Orleans along with other projects developed by the group. Zevi’s support has proved to be decisive, publishing our work for the Institute of Child Neuropsychiatry in Rom on “L’architettura, cronache e storia” and on “L’Espresso”