Quarta di copertina
Questo numero propone una riflessione a partire da una ricerca svolta da docenti e ricercatori della Sapienza Università di Roma sull’area metropolitana romana il cui obiettivo è stato di comprendere come nuove e originali strategie di paesaggio potessero contribuire in modo concreto alla riattivazione ambientale e sociale degli insediamenti metropolitani, innescando nuove forme di identificazione collettiva, difendendo e rafforzando la biodiversità, avviando nuove economie connesse alla innovazione sociale, e contribuendo in questo modo a rafforzare il grado di resilienza delle comunità insediate.
Back cover
This issue proposes a reflection starting from a research carried out by professors and researchers of the Sapienza University of Rome on the Roman metropolitan area,i whose goal was to understand how new and original landscape strategies could contribute, in a concrete way, to the environmental and social reactivation of metropolitan settlements, triggering new forms of collective identification, defending and strengthening biodiversity, starting new economies connected to social innovation, and thus contributing to strengthen the degree of resilience of settled communities.
Questo numero propone una riflessione a partire da una ricerca svolta da docenti e ricercatori della Sapienza Università di Roma sull’area metropolitana romana il cui obiettivo è stato di comprendere come nuove e originali strategie di paesaggio potessero contribuire in modo concreto alla riattivazione ambientale e sociale degli insediamenti metropolitani, innescando nuove forme di identificazione collettiva, difendendo e rafforzando la biodiversità, avviando nuove economie connesse alla innovazione sociale, e contribuendo in questo modo a rafforzare il grado di resilienza delle comunità insediate.
Back cover
This issue proposes a reflection starting from a research carried out by professors and researchers of the Sapienza University of Rome on the Roman metropolitan area,i whose goal was to understand how new and original landscape strategies could contribute, in a concrete way, to the environmental and social reactivation of metropolitan settlements, triggering new forms of collective identification, defending and strengthening biodiversity, starting new economies connected to social innovation, and thus contributing to strengthen the degree of resilience of settled communities.
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Editoriale / Editorial
4 Rosalba Belibani, Antonella Romano, Norvegia: paesaggi di architetture / Norway: architectural landscapes
Tema monografico / Monographic Theme
10 Linee di ricerca sul regionalismo critico nella Norvegia contemporanea / Lines of research on critical regionalism in contemporary Norway
a cura di / edited by Rosalba Belibani, Antonella Romano
Contributi / Contributions
26 Antonella Romano, L’opera va in scena / The opera goes on stage
38 Rosalba Belibani, Deichman Bjørvika library: un domicilio elettivo / Deichman Bjørvika library: an elective domicile
50 Francesca Casalino, Orizzonte montuoso / Mountainous horizon
62 Carmelo Gagliano, Il Nasjonalmuseet come nuovo catalizzatore sociale / The Nasjonalmuseet as a new social catalyst
74 Antonio Sorrentino, Il corpo vissuto come misura del reale / The lived-body as measurement of the reality
84 Lorenzo David Filippi, Traiettorie e frammenti / Trajectories and fragments
94 Endri Kiçaj, Le qualità di un luogo liminare / Qualities of a liminal place
102 Nadia Bakhtafrouz, Un ponte tra natura e arte / A bridge between nature and art
Rubriche / Columns
Catastrofi/ Disaster otherwere
114 Nicoletta Trasi, L’edificio Brattørkaia a Trondheim dello Studio Snøhetta. Una risposta efficace ai cambiamenti climatici / The Brattørkaia building in Trondheim by Studio Snøhetta. An effective response to climate change
Intersezioni linguistiche / Languages’ intersections
120 Roberta Lucente, Silvio Galizia e la sperimentazione di strutture complesse: intersezioni norvegesi / Silvio Galizia and the experimentation of complex structures: norwegian intersections
Colofon / Colophon
Traduzione di / translation by Antonella Bergamin, Janet Rodgers
Impaginazione / book design Stefano Perrotta
Editoriale / Editorial
4 Rosalba Belibani, Antonella Romano, Norvegia: paesaggi di architetture / Norway: architectural landscapes
Tema monografico / Monographic Theme
10 Linee di ricerca sul regionalismo critico nella Norvegia contemporanea / Lines of research on critical regionalism in contemporary Norway
a cura di / edited by Rosalba Belibani, Antonella Romano
Contributi / Contributions
26 Antonella Romano, L’opera va in scena / The opera goes on stage
38 Rosalba Belibani, Deichman Bjørvika library: un domicilio elettivo / Deichman Bjørvika library: an elective domicile
50 Francesca Casalino, Orizzonte montuoso / Mountainous horizon
62 Carmelo Gagliano, Il Nasjonalmuseet come nuovo catalizzatore sociale / The Nasjonalmuseet as a new social catalyst
74 Antonio Sorrentino, Il corpo vissuto come misura del reale / The lived-body as measurement of the reality
84 Lorenzo David Filippi, Traiettorie e frammenti / Trajectories and fragments
94 Endri Kiçaj, Le qualità di un luogo liminare / Qualities of a liminal place
102 Nadia Bakhtafrouz, Un ponte tra natura e arte / A bridge between nature and art
Rubriche / Columns
Catastrofi/ Disaster otherwere
114 Nicoletta Trasi, L’edificio Brattørkaia a Trondheim dello Studio Snøhetta. Una risposta efficace ai cambiamenti climatici / The Brattørkaia building in Trondheim by Studio Snøhetta. An effective response to climate change
Intersezioni linguistiche / Languages’ intersections
120 Roberta Lucente, Silvio Galizia e la sperimentazione di strutture complesse: intersezioni norvegesi / Silvio Galizia and the experimentation of complex structures: norwegian intersections
Colofon / Colophon
Traduzione di / translation by Antonella Bergamin, Janet Rodgers
Impaginazione / book design Stefano Perrotta
Abstract:
Norvegia. Paesaggi di architetture
di Rosalba Belibani, Antonella Romano
Dai primi anni Duemila la Norvegia – che per oltre quarant’anni ha investito in politiche pubbliche i ricchissimi proventi dell’estrazione e dell’esportazione del petrolio – grazie a un robusto sistema di interventi, coordinati in piani pluriennali di investimenti culturali, ha assistito a un boom architettonico. Alcuni progetti fortemente innovativi di trasformazione ambientale e di sviluppo urbano hanno reso il paese un laboratorio di architettura contemporanea. All’affermazione dei progettisti norvegesi e della loro architettura ha contribuito in modo diretto una specifica “Politica per l’Architettura Norvegese”, le cui linee di indirizzo sostengono le scelte di soluzioni ecologiche, la ricerca della qualità degli spazi urbani, la salvaguardia del patrimonio ambientale culturale e costruito, la promozione della formazione e della cultura architettonica.
Norvegia. Paesaggi di architetture
di Rosalba Belibani, Antonella Romano
Dai primi anni Duemila la Norvegia – che per oltre quarant’anni ha investito in politiche pubbliche i ricchissimi proventi dell’estrazione e dell’esportazione del petrolio – grazie a un robusto sistema di interventi, coordinati in piani pluriennali di investimenti culturali, ha assistito a un boom architettonico. Alcuni progetti fortemente innovativi di trasformazione ambientale e di sviluppo urbano hanno reso il paese un laboratorio di architettura contemporanea. All’affermazione dei progettisti norvegesi e della loro architettura ha contribuito in modo diretto una specifica “Politica per l’Architettura Norvegese”, le cui linee di indirizzo sostengono le scelte di soluzioni ecologiche, la ricerca della qualità degli spazi urbani, la salvaguardia del patrimonio ambientale culturale e costruito, la promozione della formazione e della cultura architettonica.
Abstract:
Norway. Architectural landscapes
by Rosalba Belibani, Antonella Romano
Since the early 2000s Norway – which for more than four decades has invested the very rich proceeds from oil extraction and export in public policy – thanks to a robust system of interventions, coordinated in multi-year plans of cultural investment, has witnessed an architectural boom. Some highly innovative environmental transformation and urban development projects have made the country a laboratory for contemporary architecture. Directly contributing to the affirmation of Norwegian designers and their architecture has been a specific “Policy for Norwegian Architecture,” whose guidelines support the choices of ecological solutions, the pursuit of quality urban spaces, the preservation of the cultural and built environmental heritage, and the promotion of education and architectural culture.
Norway. Architectural landscapes
by Rosalba Belibani, Antonella Romano
Since the early 2000s Norway – which for more than four decades has invested the very rich proceeds from oil extraction and export in public policy – thanks to a robust system of interventions, coordinated in multi-year plans of cultural investment, has witnessed an architectural boom. Some highly innovative environmental transformation and urban development projects have made the country a laboratory for contemporary architecture. Directly contributing to the affirmation of Norwegian designers and their architecture has been a specific “Policy for Norwegian Architecture,” whose guidelines support the choices of ecological solutions, the pursuit of quality urban spaces, the preservation of the cultural and built environmental heritage, and the promotion of education and architectural culture.
Abstract:
Linee di ricerca sul regionalismo critico nella Norvegia contemporanea
di Rosalba Belibani, Antonella Romano
In Norvegia si sono verificate ricorrenti fasi costitutive di linguaggi architettonici regionali in relazione alle vicende storiche legate all’indipendenza politica della nazione e, in seguito, alla rapida crescita economica. Dalle tradizioni costruttive e dal Romanticismo nazionale, alla svolta del modernismo poetico con l’attività di costruzione del XX secolo per la nuova nazione indipendente, l’architettura norvegese è stata coinvolta in una visione socialdemocratica di emancipazione e gradualmente innestata su una cultura architettonica preesistente. Nella consapevolezza che la ricerca di un regionalismo norvegese ricade nel paradosso presente dell’antitesi tra condizione locale e cultura universale, lo studio indaga le manifestazioni di quegli elementi vitali di specifica derivazione locale presenti nell’architettura contemporanea.
Linee di ricerca sul regionalismo critico nella Norvegia contemporanea
di Rosalba Belibani, Antonella Romano
In Norvegia si sono verificate ricorrenti fasi costitutive di linguaggi architettonici regionali in relazione alle vicende storiche legate all’indipendenza politica della nazione e, in seguito, alla rapida crescita economica. Dalle tradizioni costruttive e dal Romanticismo nazionale, alla svolta del modernismo poetico con l’attività di costruzione del XX secolo per la nuova nazione indipendente, l’architettura norvegese è stata coinvolta in una visione socialdemocratica di emancipazione e gradualmente innestata su una cultura architettonica preesistente. Nella consapevolezza che la ricerca di un regionalismo norvegese ricade nel paradosso presente dell’antitesi tra condizione locale e cultura universale, lo studio indaga le manifestazioni di quegli elementi vitali di specifica derivazione locale presenti nell’architettura contemporanea.
Abstract:
Lines of research on critical regionalism in contemporary Norway
by Rosalba Belibani, Antonella Romano
There have been recurring constituent phases of regional architectural languages in Norway in relation to the historical events associated with the nation’s political independence and, later, rapid economic growth. From building traditions and national Romanticism, to the turn of poetic modernism with 20th-century building activity for the newly independent nation, Norwegian architecture was involved in a social-democratic vision of emancipation and gradually grafted onto a pre-existing architectural culture. With the awareness that the search for a Norwegian regionalism falls into the present paradox of the antithesis between local condition and universal culture, the study investigates the manifestations of those vital elements of specific local derivation present in contemporary architecture.
Lines of research on critical regionalism in contemporary Norway
by Rosalba Belibani, Antonella Romano
There have been recurring constituent phases of regional architectural languages in Norway in relation to the historical events associated with the nation’s political independence and, later, rapid economic growth. From building traditions and national Romanticism, to the turn of poetic modernism with 20th-century building activity for the newly independent nation, Norwegian architecture was involved in a social-democratic vision of emancipation and gradually grafted onto a pre-existing architectural culture. With the awareness that the search for a Norwegian regionalism falls into the present paradox of the antithesis between local condition and universal culture, the study investigates the manifestations of those vital elements of specific local derivation present in contemporary architecture.
Abstract:
L’opera va in scena
di Antonella Romano
Nel 1999, in seguito ad un dibattito nazionale, fu definita con lungimiranza la futura collocazione di una nuova Opera House: la penisola di Bjørvika, un’area centralissima della città, che acquistava il ruolo di motore nella rigenerazione urbana del centro storico di Oslo. Un concorso aperto internazionale per il disegno del nuovo teatro ha poi attratto la partecipazione di 200 gruppi di progettisti e ha di fatto avviato un piano ventennale di riqualificazione dell’area portuale. Il progetto vincitore di Snøhetta – realizzato in cinque anni – che ha conquistato numerosi premi tra cui il prestigioso Mies Van der Rohe Prize, risolve, in un complesso disegno di volumi geometrici asimmetrici, contemporaneamente il tema del nuovo teatro e di uno spazio pubblico urbano aperto e polifunzionale. Costruito su palafitte a ridosso di un terreno bonificato che estende il porto di Oslo, il nuovo Teatro dell’Opera, ha restituito al pubblico il lungomare della città e ha permesso la percorrenza di tutta l’area, espandendo i confini dell’Allemannsretten, il diritto comune di vagare, dai piani di copertura fino ai limiti della riva. L’Opera House è il manifesto architettonico di questo diritto; l’idea del diritto di appropriazione e di percorribilità applicata tanto all’interno quanto all’esterno dell’edificio – considerati rispettivamente architettura e paesaggio – rimuove la natura oppositiva dei due termini, favorendo la coincidenza del paesaggio nell’architettura.
L’opera va in scena
di Antonella Romano
Nel 1999, in seguito ad un dibattito nazionale, fu definita con lungimiranza la futura collocazione di una nuova Opera House: la penisola di Bjørvika, un’area centralissima della città, che acquistava il ruolo di motore nella rigenerazione urbana del centro storico di Oslo. Un concorso aperto internazionale per il disegno del nuovo teatro ha poi attratto la partecipazione di 200 gruppi di progettisti e ha di fatto avviato un piano ventennale di riqualificazione dell’area portuale. Il progetto vincitore di Snøhetta – realizzato in cinque anni – che ha conquistato numerosi premi tra cui il prestigioso Mies Van der Rohe Prize, risolve, in un complesso disegno di volumi geometrici asimmetrici, contemporaneamente il tema del nuovo teatro e di uno spazio pubblico urbano aperto e polifunzionale. Costruito su palafitte a ridosso di un terreno bonificato che estende il porto di Oslo, il nuovo Teatro dell’Opera, ha restituito al pubblico il lungomare della città e ha permesso la percorrenza di tutta l’area, espandendo i confini dell’Allemannsretten, il diritto comune di vagare, dai piani di copertura fino ai limiti della riva. L’Opera House è il manifesto architettonico di questo diritto; l’idea del diritto di appropriazione e di percorribilità applicata tanto all’interno quanto all’esterno dell’edificio – considerati rispettivamente architettura e paesaggio – rimuove la natura oppositiva dei due termini, favorendo la coincidenza del paesaggio nell’architettura.
Abstract:
The opera goes on stage.
by Antonella Romano
In 1999, following a national debate, the future location of a new Opera House was defined with foresight: the Bjørvika Peninsula, a very central area of the city, which acquired the role of a driving force in the urban regeneration of Oslo’s old city center. An international open competition to design the new theater later attracted the participation of 200 design groups and effectively launched a 20-year plan to redevelop the harbor area. Snøhetta’s winning design – completed in five years – won numerous awards including the prestigious Mies Van der Rohe Prize. It solves, in a complex design of asymmetrical geometric volumes, simultaneously the theme of a new theater and an open, multifunctional urban public space. Built on stilts abutting reclaimed land extending Oslo’s harbor, the new Opera House returned the city’s waterfront to the public and allowed the entire area to be walked, expanding the boundaries of the Allemannsretten, the common right to roam, from the roof tops to the limits of the waterfront. The Opera House is the architectural manifesto of this right; the idea of the right of appropriation and walkability applied to both the interior and exterior of the building-considered architecture and landscape, respectively-removes the oppositional nature of the two terms, favoring the coincidence of landscape in architecture.
The opera goes on stage.
by Antonella Romano
In 1999, following a national debate, the future location of a new Opera House was defined with foresight: the Bjørvika Peninsula, a very central area of the city, which acquired the role of a driving force in the urban regeneration of Oslo’s old city center. An international open competition to design the new theater later attracted the participation of 200 design groups and effectively launched a 20-year plan to redevelop the harbor area. Snøhetta’s winning design – completed in five years – won numerous awards including the prestigious Mies Van der Rohe Prize. It solves, in a complex design of asymmetrical geometric volumes, simultaneously the theme of a new theater and an open, multifunctional urban public space. Built on stilts abutting reclaimed land extending Oslo’s harbor, the new Opera House returned the city’s waterfront to the public and allowed the entire area to be walked, expanding the boundaries of the Allemannsretten, the common right to roam, from the roof tops to the limits of the waterfront. The Opera House is the architectural manifesto of this right; the idea of the right of appropriation and walkability applied to both the interior and exterior of the building-considered architecture and landscape, respectively-removes the oppositional nature of the two terms, favoring the coincidence of landscape in architecture.
Abstract:
Deichman Bjørvika Library: un Domicilio Elettivo
di Rosalba Belibani
Inaugurata nel 2020, la Biblioteca Deichmann si inserisce nel distretto Bjørvika che fronteggia l’Oslofjord, un tempo austero terminal mercantile, oggi area del più vasto progetto di sviluppo urbano della capitale norvegese. Il progetto dell’intero isolato elaborato da Lund Hagem Architekter e Atelier Oslo ha vinto un concorso internazionale aperto, bandito nel 2009 dalla municipalità, al quale hanno partecipato 181 gruppi di progettazione. L’edificio della nuova biblioteca costituisce la testata di un lotto denominato Diagonale per la strada che lo attraversa diagonalmente, che fiancheggia l’Opera House e con cui incrementa per primo il cluster culturale previsto nell’area. La biblioteca prende il nome da Carl Deichman, collezionista e mecenate, che nel 1780 donò a Oslo una ricchissima collezione di libri a condizione che fosse resa accessibile al pubblico. L’edificio è composto da 6 livelli: un piano seminterrato, uno di ingresso e quattro piani sopraelevati di altezza variabile. Ogni piano si sovrappone all’altro presentando dei vuoti strutturali, liberi coni di luce, di dimensione e geometria variabile: lo spazio cavo fra le superfici ricostruisce virtualmente tre volumi prismatici di luce a sezioni poligonali variabili, che si intrecciano tra loro agganciandosi ai tre lucernai presenti sulla sommità dell’edificio.
Deichman Bjørvika Library: un Domicilio Elettivo
di Rosalba Belibani
Inaugurata nel 2020, la Biblioteca Deichmann si inserisce nel distretto Bjørvika che fronteggia l’Oslofjord, un tempo austero terminal mercantile, oggi area del più vasto progetto di sviluppo urbano della capitale norvegese. Il progetto dell’intero isolato elaborato da Lund Hagem Architekter e Atelier Oslo ha vinto un concorso internazionale aperto, bandito nel 2009 dalla municipalità, al quale hanno partecipato 181 gruppi di progettazione. L’edificio della nuova biblioteca costituisce la testata di un lotto denominato Diagonale per la strada che lo attraversa diagonalmente, che fiancheggia l’Opera House e con cui incrementa per primo il cluster culturale previsto nell’area. La biblioteca prende il nome da Carl Deichman, collezionista e mecenate, che nel 1780 donò a Oslo una ricchissima collezione di libri a condizione che fosse resa accessibile al pubblico. L’edificio è composto da 6 livelli: un piano seminterrato, uno di ingresso e quattro piani sopraelevati di altezza variabile. Ogni piano si sovrappone all’altro presentando dei vuoti strutturali, liberi coni di luce, di dimensione e geometria variabile: lo spazio cavo fra le superfici ricostruisce virtualmente tre volumi prismatici di luce a sezioni poligonali variabili, che si intrecciano tra loro agganciandosi ai tre lucernai presenti sulla sommità dell’edificio.
Abstract:
Deichman Bjørvika Library: an Elective Domicile
by Rosalba Belibani
Inaugurated in 2020, the Deichmann Library is part of the Bjørvika district facing the Oslofjord, once an austere merchant terminal, today an area of the largest urban development project in the Norwegian capital. The project for the entire block elaborated by Lund Hagem Architekter and Atelier Oslo won an open international competition, announced in 2009 by the municipality, in which 181 design teams participated. The new library building forms the head of a lot called Diagonal due to the road that crosses it diagonally, which flanks the Opera House and the first expansion of the cultural cluster envisaged in the area. The library is named after Carl Deichman, a collector and patron of the arts, who in 1780 donated a very rich collection of books to Oslo on condition that it be made accessible to the public. The building is made up of 6 levels: a basement, an entrance and four raised upper floors of variable height. Each floor overlaps the other, presenting structural voids, free cones of light, of variable size and geometry: the hollow space between the surfaces virtually reconstructs three prismatic volumes of light with variable polygonal sections that intertwine by hooking up to the three skylights present on top of the building.
Deichman Bjørvika Library: an Elective Domicile
by Rosalba Belibani
Inaugurated in 2020, the Deichmann Library is part of the Bjørvika district facing the Oslofjord, once an austere merchant terminal, today an area of the largest urban development project in the Norwegian capital. The project for the entire block elaborated by Lund Hagem Architekter and Atelier Oslo won an open international competition, announced in 2009 by the municipality, in which 181 design teams participated. The new library building forms the head of a lot called Diagonal due to the road that crosses it diagonally, which flanks the Opera House and the first expansion of the cultural cluster envisaged in the area. The library is named after Carl Deichman, a collector and patron of the arts, who in 1780 donated a very rich collection of books to Oslo on condition that it be made accessible to the public. The building is made up of 6 levels: a basement, an entrance and four raised upper floors of variable height. Each floor overlaps the other, presenting structural voids, free cones of light, of variable size and geometry: the hollow space between the surfaces virtually reconstructs three prismatic volumes of light with variable polygonal sections that intertwine by hooking up to the three skylights present on top of the building.
Abstract:
Orizzonte montuoso
di Francesca Casalino
L’affezione al paese natio è un concetto fortemente radicato in Sverre Fehn, come nell’intero popolo norvegese, e la natura, anche se aspra e inquieta durante le rigide stagioni, resta madre amata, accogliente e stupefacente, da preservare. Questa premessa ha da sempre guidato la progettazione dell’architetto e l’attenzione al valore della natura, insieme all’interpretazione dei bisogni delle persone, sono stati fondanti nelle sue opere, come nel caso del Museo Norvegese dei Ghiacciai, ove si è posto al servizio di questo splendido luogo per poter raccontare la sua lunga trasformazione. Il Norsk Bremuseum nasce appunto dove il Sognefjord – fiordo più lungo e più profondo della Norvegia – incontra il ghiacciaio Jostedalbreen, che pende dai ripidi rilievi. Si posa con leggerezza nella fenditura aperta tra le due montagne che l’abbracciano e che si spingono verso l’antico villaggio di Fjærland, posto invece alle pendici. Si presenta come un insieme di solidi geometrici che apparentemente giacciono silenziosi tra i rilievi. Taluni sinuosi ed altri acuti, sembrano infatti accordarsi formalmente alle alte vette che li circondano. In realtà vi si oppongono fortemente nell’occupare solo orizzontalmente il vuoto tra di esse compreso.
Orizzonte montuoso
di Francesca Casalino
L’affezione al paese natio è un concetto fortemente radicato in Sverre Fehn, come nell’intero popolo norvegese, e la natura, anche se aspra e inquieta durante le rigide stagioni, resta madre amata, accogliente e stupefacente, da preservare. Questa premessa ha da sempre guidato la progettazione dell’architetto e l’attenzione al valore della natura, insieme all’interpretazione dei bisogni delle persone, sono stati fondanti nelle sue opere, come nel caso del Museo Norvegese dei Ghiacciai, ove si è posto al servizio di questo splendido luogo per poter raccontare la sua lunga trasformazione. Il Norsk Bremuseum nasce appunto dove il Sognefjord – fiordo più lungo e più profondo della Norvegia – incontra il ghiacciaio Jostedalbreen, che pende dai ripidi rilievi. Si posa con leggerezza nella fenditura aperta tra le due montagne che l’abbracciano e che si spingono verso l’antico villaggio di Fjærland, posto invece alle pendici. Si presenta come un insieme di solidi geometrici che apparentemente giacciono silenziosi tra i rilievi. Taluni sinuosi ed altri acuti, sembrano infatti accordarsi formalmente alle alte vette che li circondano. In realtà vi si oppongono fortemente nell’occupare solo orizzontalmente il vuoto tra di esse compreso.
Abstract:
Mountainous horizon
by Francesca Casalino
The affection for the native country is a strongly rooted concept in Sverre Fehn, as in the entire Norwegian population, and nature, even though harsh and restless during the tough seasons, remains a beloved, welcoming and amazing mother to be preserved. This premise has always guided the architect’s design, and the attention to the value of nature along with the interpretation of people’s needs have always been the central to his works, like in the case of the Norwegian Glacier Museum, where he has stood at the service of the history of this beautiful place in order to narrate its long transformation. The Norsk Bremuseum originates precisely where the Sognefjord – Norway’s longest and deepest fjord – meets the Jostedalbreen glacier, which hangs down from the steep cliffs. It settles lightly into the open crevice between the two mountains that embrace it and push towards the ancient village of Fjærland on its slopes. It appears as a set of geometric solids that seemingly lie quietly among the reliefs. Some sinuous and others sharp, they seem to formally match the high peaks that surround them. In reality, they are strongly opposed to them, occupying only horizontally the void between them.
Mountainous horizon
by Francesca Casalino
The affection for the native country is a strongly rooted concept in Sverre Fehn, as in the entire Norwegian population, and nature, even though harsh and restless during the tough seasons, remains a beloved, welcoming and amazing mother to be preserved. This premise has always guided the architect’s design, and the attention to the value of nature along with the interpretation of people’s needs have always been the central to his works, like in the case of the Norwegian Glacier Museum, where he has stood at the service of the history of this beautiful place in order to narrate its long transformation. The Norsk Bremuseum originates precisely where the Sognefjord – Norway’s longest and deepest fjord – meets the Jostedalbreen glacier, which hangs down from the steep cliffs. It settles lightly into the open crevice between the two mountains that embrace it and push towards the ancient village of Fjærland on its slopes. It appears as a set of geometric solids that seemingly lie quietly among the reliefs. Some sinuous and others sharp, they seem to formally match the high peaks that surround them. In reality, they are strongly opposed to them, occupying only horizontally the void between them.
Abstract:
Il Nasjonalmuseet come nuovo catalizzatore sociale
di Carmelo Gagliano
La dicotomia topografica tra acqua e terra ha rappresentato per secoli una cesura – visiva e funzionale – tuttora, in molte città portuali, poco o del tutto irrisolta. Per Oslo, questo limite terracqueo ha delineato la sfida per restituire alla comunità nuove visioni e spazi diversificati, riconfigurando il rapporto verso il mare. Il filo conduttore per esplorare questi mutamenti ci viene fornito dalla lunga passeggiata, l’Havnepromenaden, in grado di rimodellare la qualità fenomenica di quest’area, e quindi coinvolgendone le attività all’aperto in maniera sempre più sinergica. Tra i numerosi interventi conclusi, su questa linea in costante evoluzione tra terra e mare, si distingue il nuovissimo Nasjonalmuseet, disegnato da Kleihues + Schuwerk. Il museo sta condizionando la vita urbana delle persone, sempre più attratte da uno spazio plurale, dal disegno morfologico aperto, non respingente, che alla rigida chiusura funzionale museale gli contrappone, adesso, una dimensione urbana collaborante con lo spazio intorno, più aperto, più accessibile.
Il Nasjonalmuseet come nuovo catalizzatore sociale
di Carmelo Gagliano
La dicotomia topografica tra acqua e terra ha rappresentato per secoli una cesura – visiva e funzionale – tuttora, in molte città portuali, poco o del tutto irrisolta. Per Oslo, questo limite terracqueo ha delineato la sfida per restituire alla comunità nuove visioni e spazi diversificati, riconfigurando il rapporto verso il mare. Il filo conduttore per esplorare questi mutamenti ci viene fornito dalla lunga passeggiata, l’Havnepromenaden, in grado di rimodellare la qualità fenomenica di quest’area, e quindi coinvolgendone le attività all’aperto in maniera sempre più sinergica. Tra i numerosi interventi conclusi, su questa linea in costante evoluzione tra terra e mare, si distingue il nuovissimo Nasjonalmuseet, disegnato da Kleihues + Schuwerk. Il museo sta condizionando la vita urbana delle persone, sempre più attratte da uno spazio plurale, dal disegno morfologico aperto, non respingente, che alla rigida chiusura funzionale museale gli contrappone, adesso, una dimensione urbana collaborante con lo spazio intorno, più aperto, più accessibile.
Abstract:
The Nasjonalmuseet as a new social catalyst
by Carmelo Gagliano
The topographic dichotomy between water and land for centuries has represented a separation – visual and functional – which is still undefined in many seaport cities. For Oslo, this land-water boundary has presented the challenge of making new visions and diversified spaces to the community, redesigning the relationship towards the sea. The reading path to explore these changes is provided by the long promenade, the Havnepromenaden, able to reshape the phenomenal quality of this area and thus increasingly engaging outdoor activities in a synergistic manner. Among the numerous completed projects along this ever-evolving line between land and sea, the newest Nasjonalmuseet, designed by Kleihues + Schuwerk, stands out. The museum is influencing the urban life of people, who are increasingly drawn to a plural space with an open morphological design, non antagonistic, that contrasts the rigid functional enclosure of a traditional museum, now, a collaborative urban dimension with the surrounding space, more open, more accessible too.
The Nasjonalmuseet as a new social catalyst
by Carmelo Gagliano
The topographic dichotomy between water and land for centuries has represented a separation – visual and functional – which is still undefined in many seaport cities. For Oslo, this land-water boundary has presented the challenge of making new visions and diversified spaces to the community, redesigning the relationship towards the sea. The reading path to explore these changes is provided by the long promenade, the Havnepromenaden, able to reshape the phenomenal quality of this area and thus increasingly engaging outdoor activities in a synergistic manner. Among the numerous completed projects along this ever-evolving line between land and sea, the newest Nasjonalmuseet, designed by Kleihues + Schuwerk, stands out. The museum is influencing the urban life of people, who are increasingly drawn to a plural space with an open morphological design, non antagonistic, that contrasts the rigid functional enclosure of a traditional museum, now, a collaborative urban dimension with the surrounding space, more open, more accessible too.
Abstract:
Il corpo vissuto come misura del reale
di Antonio Sorrentino
Nel 2016 l’architetto svizzero Peter Zumthor viene coinvolto dal governo norvegese nella progettazione di un Museo per una Miniera di Zinco. L’intervento di agopuntura paesaggistica, previsto dal programma di sviluppo e valorizzazione del patrimonio culturale e naturalistico norvegese, è realizzato in un sito minerario dismesso del comune di Sauda. I quattro padiglioni in legno e zinco, che ospitano il museo e i suoi servizi, offrono ai turisti un’esperienza evocativa del lavoro quotidiano svolto dai minatori nelle cave. Attraverso dispositivi semplici ed efficaci, quali immagini evocative, promenade paysagère, pilotis, finestre a nastro, piante e facciate libere, materiali sensuali, atmosfere pervasive, luci e ombre, l’architetto fa dello spazio lo strumento per mezzo del quale il paesaggio può essere incarnato nel corpo del visitatore, la storia interiorizzata e le emozioni riportate in superficie con maggior intensità. Il complesso museale immaginato da Zumthor si fonda sulla centralità del sistema corporeo-mentale di chi lo abita, seppur temporaneamente, fornendo all’esperienza esistenziale una coerenza e un significato più profondi. L’architettura, nella sua semplicità formale e materica, è un recipiente sensibile che assorbe le tracce della vita umana di cui è involucro e sfondo e si fa garante della realtà della vita trascorsa nella miniera.
Il corpo vissuto come misura del reale
di Antonio Sorrentino
Nel 2016 l’architetto svizzero Peter Zumthor viene coinvolto dal governo norvegese nella progettazione di un Museo per una Miniera di Zinco. L’intervento di agopuntura paesaggistica, previsto dal programma di sviluppo e valorizzazione del patrimonio culturale e naturalistico norvegese, è realizzato in un sito minerario dismesso del comune di Sauda. I quattro padiglioni in legno e zinco, che ospitano il museo e i suoi servizi, offrono ai turisti un’esperienza evocativa del lavoro quotidiano svolto dai minatori nelle cave. Attraverso dispositivi semplici ed efficaci, quali immagini evocative, promenade paysagère, pilotis, finestre a nastro, piante e facciate libere, materiali sensuali, atmosfere pervasive, luci e ombre, l’architetto fa dello spazio lo strumento per mezzo del quale il paesaggio può essere incarnato nel corpo del visitatore, la storia interiorizzata e le emozioni riportate in superficie con maggior intensità. Il complesso museale immaginato da Zumthor si fonda sulla centralità del sistema corporeo-mentale di chi lo abita, seppur temporaneamente, fornendo all’esperienza esistenziale una coerenza e un significato più profondi. L’architettura, nella sua semplicità formale e materica, è un recipiente sensibile che assorbe le tracce della vita umana di cui è involucro e sfondo e si fa garante della realtà della vita trascorsa nella miniera.
Abstract:
The lived-body as measurement of the reality
by Antonio Sorrentino
In 2016, Swiss architect Peter Zumthor was involved by the Norwegian government in designing a Museum for a Zinc Mine. The landscape acupuncture intervention, envisioned by the Norwegian Cultural and Natural Heritage Development and Enhancement Program, is built on a disused mining site in the municipality of Sauda. The four wood and zinc pavilions, which house the museum and its services, offer tourists an evocative experience of the daily work done by miners in the quarries. Through simple and effective devices such as evocative imagery, promenade paysagère, pilotis, ribbon windows, free design of ground plan and façade, sensuous materials, pervasive atmospheres, and light and shadow, the architect makes space the instrument by which the landscape can be embedded in the visitor’s body, history internalized, and emotions brought to the surface with greater intensity. The museum complex imagined by Zumthor is based on the centrality of the mind-body system of those who inhabit it, albeit temporarily, providing the existential experience with a deeper coherence and meaning. The architecture, in its formal and material simplicity, is a sensitive vessel that absorbs the traces of the human life of which it is the envelope and background and becomes a guarantor of the reality of life spent in the mine.
The lived-body as measurement of the reality
by Antonio Sorrentino
In 2016, Swiss architect Peter Zumthor was involved by the Norwegian government in designing a Museum for a Zinc Mine. The landscape acupuncture intervention, envisioned by the Norwegian Cultural and Natural Heritage Development and Enhancement Program, is built on a disused mining site in the municipality of Sauda. The four wood and zinc pavilions, which house the museum and its services, offer tourists an evocative experience of the daily work done by miners in the quarries. Through simple and effective devices such as evocative imagery, promenade paysagère, pilotis, ribbon windows, free design of ground plan and façade, sensuous materials, pervasive atmospheres, and light and shadow, the architect makes space the instrument by which the landscape can be embedded in the visitor’s body, history internalized, and emotions brought to the surface with greater intensity. The museum complex imagined by Zumthor is based on the centrality of the mind-body system of those who inhabit it, albeit temporarily, providing the existential experience with a deeper coherence and meaning. The architecture, in its formal and material simplicity, is a sensitive vessel that absorbs the traces of the human life of which it is the envelope and background and becomes a guarantor of the reality of life spent in the mine.
Abstract:
Traiettorie e Frammenti
di Lorenzo David Filippi
L’analisi del progetto Hedmark Musem, ad Hamar, di Sverre Fehn, 1967-1979 trae spunto dal percorso, l’allestimento ed il rapporto tra gli strati archeologici. Gli scavi, relativi al complesso dell’antica cattedrale fondata nel 1152, terminati intorno al 1960, richiedevano una sistemazione museale fruibile dal pubblico. Il progetto di Sverre Fehn proposto nel 1967 è lo stesso poi realizzato tra 1969 e il 1976. Il gesto che percorre l’antico edificio è quello di una promenade architecturale, che si srotola dentro e fuori lo spazio e il tempo archeologico. Una passeggiata sospesa. Prima dell’intervento dell’architetto, in questi spazi si individuavano facilmente due strati: il primo, quello della fattoria, un edificio a tre ali con una corte aperta su un lato; il secondo, quello della fortezza arcivescovile, non più leggibile nella sua forma e i cui resti compaiono fugacemente come sprazzi di luce. L’intervento di Fehn aggiunge un terzo strato, quello del percorso museale, sollevato rispetto al terreno e quindi alle rovine del palazzo arcivescovile e staccato dai muri della fattoria. Il livello contemporaneo, aggiunto dall’architetto norvegese, è un luogo di sospensione, in cui la storia compare per frammenti e bagliori.
Traiettorie e Frammenti
di Lorenzo David Filippi
L’analisi del progetto Hedmark Musem, ad Hamar, di Sverre Fehn, 1967-1979 trae spunto dal percorso, l’allestimento ed il rapporto tra gli strati archeologici. Gli scavi, relativi al complesso dell’antica cattedrale fondata nel 1152, terminati intorno al 1960, richiedevano una sistemazione museale fruibile dal pubblico. Il progetto di Sverre Fehn proposto nel 1967 è lo stesso poi realizzato tra 1969 e il 1976. Il gesto che percorre l’antico edificio è quello di una promenade architecturale, che si srotola dentro e fuori lo spazio e il tempo archeologico. Una passeggiata sospesa. Prima dell’intervento dell’architetto, in questi spazi si individuavano facilmente due strati: il primo, quello della fattoria, un edificio a tre ali con una corte aperta su un lato; il secondo, quello della fortezza arcivescovile, non più leggibile nella sua forma e i cui resti compaiono fugacemente come sprazzi di luce. L’intervento di Fehn aggiunge un terzo strato, quello del percorso museale, sollevato rispetto al terreno e quindi alle rovine del palazzo arcivescovile e staccato dai muri della fattoria. Il livello contemporaneo, aggiunto dall’architetto norvegese, è un luogo di sospensione, in cui la storia compare per frammenti e bagliori.
Abstract:
Trajectories and Fragments
by Lorenzo David Filippi
The analysis of the project Hedmark Musem, Hamar, by Sverre Fehn, 1967-1979, is driven by the path, the arrangement and the connection between archaeological layers. In 1960, archaeological excavations around the former barn adjoining Hedmark Cathedral, dating back to 1152, were completed, bringing into light the medieval past of the bishop’s palace belonging to the ancient Norwegian Sverre Fehn’s project originally proposed in 1967 is the same one that was later constructed between 1969 and 1976. The gesture that runs through the ancient building is that of an architectural promenade, unfolding in and out of archaeological space and time. A floating promenade. Prior to the architect’s intervention, two layers were easily discernible in these spaces: the first, that of the farmhouse, that is, a three-winged building with an open courtyard on one side; the second, that of the archbishop’s fortress, no longer readable in its form and whose remains appear fleetingly as flashes of light. Fehn’s intervention adds a third layer, that of the museum route, raised above the ground and thus above the ruins of the archbishop’s palace and detached from the walls of the farm. The contemporary layer, added by the Norwegian architect, is a suspended space in which history is appearing in fragments and glimmers.
Trajectories and Fragments
by Lorenzo David Filippi
The analysis of the project Hedmark Musem, Hamar, by Sverre Fehn, 1967-1979, is driven by the path, the arrangement and the connection between archaeological layers. In 1960, archaeological excavations around the former barn adjoining Hedmark Cathedral, dating back to 1152, were completed, bringing into light the medieval past of the bishop’s palace belonging to the ancient Norwegian Sverre Fehn’s project originally proposed in 1967 is the same one that was later constructed between 1969 and 1976. The gesture that runs through the ancient building is that of an architectural promenade, unfolding in and out of archaeological space and time. A floating promenade. Prior to the architect’s intervention, two layers were easily discernible in these spaces: the first, that of the farmhouse, that is, a three-winged building with an open courtyard on one side; the second, that of the archbishop’s fortress, no longer readable in its form and whose remains appear fleetingly as flashes of light. Fehn’s intervention adds a third layer, that of the museum route, raised above the ground and thus above the ruins of the archbishop’s palace and detached from the walls of the farm. The contemporary layer, added by the Norwegian architect, is a suspended space in which history is appearing in fragments and glimmers.
Abstract:
Le qualità di un luogo liminare
di Endri Kiçaj
Durante il periodo in cui è diventata una propria nazione, gli artisti norvegesi hanno spinto per anni verso il romanticismo del paesaggio norvegese e, quindi, hanno contribuito alla formazione dell’immagine della natura del paese, al suo carattere essenziale e quindi al progetto politico di costruire il luogo. In questo modo, c’è una profonda conversazione tra il senso norvegese di creazione e osservazione e il suo paesaggio: la terra, il mare, il fiordo. Nessun luogo mostra questa particolare relazione in modo più intricato, naturale e suggestivo di Ropeid, lungo il percorso turistico di Ryffylke. Due progetti situati su un pendio di singolarità naturale, dove la roccia, l’acqua e il cielo si incontrano, parlano della mentalità particolare dell’architettura contemporanea norvegese. Uno, progettato da KAP, è un’area di riposo su una spiaggia artificiale, e l’altro, realizzato da Jensen&Skodvin, è una sala d’attesa per i viaggiatori dei traghetti; entrambi incorniciano il paesaggio in una serie di strati che svelano le molteplicità della penisola di Ropeid e portano il visitatore in un pellegrinaggio di contemplazione della natura, dell’abitare e del sé. L’articolo cerca di portare avanti le questioni poste da questi due progetti, rivelando gli elementi che essi valorizzano, sia nel loro disegno che nel paesaggio in cui si sono inseriti, non dissimili dai maestri romantici di un secolo prima.
Le qualità di un luogo liminare
di Endri Kiçaj
Durante il periodo in cui è diventata una propria nazione, gli artisti norvegesi hanno spinto per anni verso il romanticismo del paesaggio norvegese e, quindi, hanno contribuito alla formazione dell’immagine della natura del paese, al suo carattere essenziale e quindi al progetto politico di costruire il luogo. In questo modo, c’è una profonda conversazione tra il senso norvegese di creazione e osservazione e il suo paesaggio: la terra, il mare, il fiordo. Nessun luogo mostra questa particolare relazione in modo più intricato, naturale e suggestivo di Ropeid, lungo il percorso turistico di Ryffylke. Due progetti situati su un pendio di singolarità naturale, dove la roccia, l’acqua e il cielo si incontrano, parlano della mentalità particolare dell’architettura contemporanea norvegese. Uno, progettato da KAP, è un’area di riposo su una spiaggia artificiale, e l’altro, realizzato da Jensen&Skodvin, è una sala d’attesa per i viaggiatori dei traghetti; entrambi incorniciano il paesaggio in una serie di strati che svelano le molteplicità della penisola di Ropeid e portano il visitatore in un pellegrinaggio di contemplazione della natura, dell’abitare e del sé. L’articolo cerca di portare avanti le questioni poste da questi due progetti, rivelando gli elementi che essi valorizzano, sia nel loro disegno che nel paesaggio in cui si sono inseriti, non dissimili dai maestri romantici di un secolo prima.
Abstract:
Qualities of a liminal place
by Endri Kiçaj
During the time of becoming its own country, Norwegian artists had strived for years towards the romanticism of the Norwegian landscape, and thus, they contributed in the shaping of the image of the nation’s nature, its essential character and thus to the political project of building the place. In this way, there is a deep conversation between the Norwegian sense of creation and observation, and its landscape: the land, the sea, the fjord. Nowhere is this particular relationship seen more intricately, more natural, and more resonant than in Ropeid, on the touristic route of Ryffylke. Two projects set in a slope of natural singularity, where the rock, and the water, and the sky meet, speak of the particular mindset of Norwegian contemporary architecture. One, designed by KAP, a resting area in a manmade beach, and the other by Jensen&Skodvin as a Waiting Room for ferry travelers; they frame the landscape in a series of layers that unveil the multitudes of the peninsula and take the visitor in a pilgrimage of contemplation of nature, dwelling, and self. The article tries to bring forth the question raised by these two projects, revealing the elements that they enhance, both in their design and the landscape they are inserted into, not dissimilar to the romantic masters a century before.
Qualities of a liminal place
by Endri Kiçaj
During the time of becoming its own country, Norwegian artists had strived for years towards the romanticism of the Norwegian landscape, and thus, they contributed in the shaping of the image of the nation’s nature, its essential character and thus to the political project of building the place. In this way, there is a deep conversation between the Norwegian sense of creation and observation, and its landscape: the land, the sea, the fjord. Nowhere is this particular relationship seen more intricately, more natural, and more resonant than in Ropeid, on the touristic route of Ryffylke. Two projects set in a slope of natural singularity, where the rock, and the water, and the sky meet, speak of the particular mindset of Norwegian contemporary architecture. One, designed by KAP, a resting area in a manmade beach, and the other by Jensen&Skodvin as a Waiting Room for ferry travelers; they frame the landscape in a series of layers that unveil the multitudes of the peninsula and take the visitor in a pilgrimage of contemplation of nature, dwelling, and self. The article tries to bring forth the question raised by these two projects, revealing the elements that they enhance, both in their design and the landscape they are inserted into, not dissimilar to the romantic masters a century before.
Abstract:
Un ponte tra natura e arte
di Nadia Bakhtafrouz
Il Kistefos Sculpture Park, inaugurato nel 1999, è oggi considerato uno dei poli culturali più interessanti della Norvegia. A un’ora di auto da Oslo – accanto alle antiche strutture produttive dell’impresa Sveaas- ospita una mostra permanente di opere d’arte contemporanea che si svolge lungo un sentiero immerso nel bosco, offrendo al visitatore la possibilità di vivere il rapporto tra natura, arte e architettura. Il concorso internazionale per la realizzazione di un museo coperto in grado di integrarsi con la collezione e con l’affascinante paesaggio circostante, bandito nel 2014, è vinto dallo studio danese BIG, fondato da Bjarke Ingels. Il Kistefos Museum, concepito come un ibrido che abbraccia differenti categorie tradizionali, è allo stesso tempo un museo, un ponte e una scultura abitabile. Collocato nella parte nord-ovest del parco per connettere le due sponde del fiume e ridefinire il percorso in un anello continuo, Twist, questo il nome del progetto, si scorge tra le maestose chiome degli alberi, tra i fusti che fiancheggiano il sentiero e nei riflessi dell’acqua che scorre limpida e impetuosa: appare come un grande parallelepipedo interamente rivestito di alluminio che presenta nella parte centrale una torsione e, nonostante le dimensioni, sembra fluttuare sulle acque. La costruzione si sviluppa orizzontalmente per ottanta metri – di cui sessanta sospesi sul fiume – e a metà campata, nella sua sezione, subisce una rotazione di novanta gradi che rompe la linearità riuscendo a risolvere il salto di quota tra le due sponde. Strutturalmente e tecnologicamente all’avanguardia, semplice ma deciso nella sua essenzialità formale, The Twist penetra nel paesaggio circostante diventando immediatamente un landmark nel territorio. Secondo l’architetto, l’opera intende rafforzare l’idea di percorso come esperienza conoscitiva e non soltanto di moto per luogo.
Un ponte tra natura e arte
di Nadia Bakhtafrouz
Il Kistefos Sculpture Park, inaugurato nel 1999, è oggi considerato uno dei poli culturali più interessanti della Norvegia. A un’ora di auto da Oslo – accanto alle antiche strutture produttive dell’impresa Sveaas- ospita una mostra permanente di opere d’arte contemporanea che si svolge lungo un sentiero immerso nel bosco, offrendo al visitatore la possibilità di vivere il rapporto tra natura, arte e architettura. Il concorso internazionale per la realizzazione di un museo coperto in grado di integrarsi con la collezione e con l’affascinante paesaggio circostante, bandito nel 2014, è vinto dallo studio danese BIG, fondato da Bjarke Ingels. Il Kistefos Museum, concepito come un ibrido che abbraccia differenti categorie tradizionali, è allo stesso tempo un museo, un ponte e una scultura abitabile. Collocato nella parte nord-ovest del parco per connettere le due sponde del fiume e ridefinire il percorso in un anello continuo, Twist, questo il nome del progetto, si scorge tra le maestose chiome degli alberi, tra i fusti che fiancheggiano il sentiero e nei riflessi dell’acqua che scorre limpida e impetuosa: appare come un grande parallelepipedo interamente rivestito di alluminio che presenta nella parte centrale una torsione e, nonostante le dimensioni, sembra fluttuare sulle acque. La costruzione si sviluppa orizzontalmente per ottanta metri – di cui sessanta sospesi sul fiume – e a metà campata, nella sua sezione, subisce una rotazione di novanta gradi che rompe la linearità riuscendo a risolvere il salto di quota tra le due sponde. Strutturalmente e tecnologicamente all’avanguardia, semplice ma deciso nella sua essenzialità formale, The Twist penetra nel paesaggio circostante diventando immediatamente un landmark nel territorio. Secondo l’architetto, l’opera intende rafforzare l’idea di percorso come esperienza conoscitiva e non soltanto di moto per luogo.
Abstract:
A bridge between nature and art
by Nadia Bakhtafrouz
Kistefos Sculpture Park, opened in 1999, is now considered one of Norway’s most interesting cultural hubs. Just an hour’s drive from Oslo, it, next to the former factories of the Sveaas company, houses a permanent exhibition of contemporary artworks that unfolds along a path through the forest, offering visitors a chance to experience the relationship between nature, art and architecture. The international competition to build an indoor museum that can integrate with the collection and the fascinating surrounding landscape, announced in 2014, was won by Danish studio BIG, founded by Bjarke Ingels. The Kistefos Museum, conceived as a hybrid embracing different traditional categories, is at once a museum, a bridge and a habitable sculpture. Placed in the northwestern part of the park to connect the two banks of the river and redefine the path in a continuous loop, Twist, this is the name of the project, can be glimpsed among the majestic tree canopies, among the stems that line the path and in the reflections of the clear, rushing water: it appears as a large parallelepiped entirely clad in aluminum that has a twist in the central part and, despite its size, seems to float on the waters. The construction develops horizontally for eighty meters, with sixty meters suspended over the river. At the midpoint, in its section, it undergoes a ninety-degree rotation, breaking the linearity and effectively bridging the elevation difference between the two banks. Structurally and technologically advanced, yet elegantly simple in its formal essence, The Twist seamlessly integrates into the surrounding landscape, immediately becoming a landmark in the area. According to the architect, the artwork aims to reinforce the concept of a path as a cognitive experience, not merely a means of getting from one place to another.
A bridge between nature and art
by Nadia Bakhtafrouz
Kistefos Sculpture Park, opened in 1999, is now considered one of Norway’s most interesting cultural hubs. Just an hour’s drive from Oslo, it, next to the former factories of the Sveaas company, houses a permanent exhibition of contemporary artworks that unfolds along a path through the forest, offering visitors a chance to experience the relationship between nature, art and architecture. The international competition to build an indoor museum that can integrate with the collection and the fascinating surrounding landscape, announced in 2014, was won by Danish studio BIG, founded by Bjarke Ingels. The Kistefos Museum, conceived as a hybrid embracing different traditional categories, is at once a museum, a bridge and a habitable sculpture. Placed in the northwestern part of the park to connect the two banks of the river and redefine the path in a continuous loop, Twist, this is the name of the project, can be glimpsed among the majestic tree canopies, among the stems that line the path and in the reflections of the clear, rushing water: it appears as a large parallelepiped entirely clad in aluminum that has a twist in the central part and, despite its size, seems to float on the waters. The construction develops horizontally for eighty meters, with sixty meters suspended over the river. At the midpoint, in its section, it undergoes a ninety-degree rotation, breaking the linearity and effectively bridging the elevation difference between the two banks. Structurally and technologically advanced, yet elegantly simple in its formal essence, The Twist seamlessly integrates into the surrounding landscape, immediately becoming a landmark in the area. According to the architect, the artwork aims to reinforce the concept of a path as a cognitive experience, not merely a means of getting from one place to another.
Abstract:
L’edificio Brattørkaia a Trondheim dello Studio Snøhetta. Una risposta efficace ai cambiamenti climatici
di Nicoletta Trasi
Ogni giorno di più, catastrofi naturali sembrano avvertirci degli effetti disastrosi del riscaldamento globale; Al momento però, solo la Norvegia sembra aver fatto il salto di qualità nel pensare, in modo organico, l’architettura degli edifici urbani come una risposta al problema. La missione impossibile riuscita a Powerhouse, il consorzio di architetti, ingegneri, ambientalisti e designer di Oslo di cui fa parte lo studio Snohetta, è la creazione di un edificio “a energia positiva”. In parole semplici, si tratta di un edificio che produce più elettricità di quanto ne consumi e può quindi cederla agli edifici circostanti e al fornitore statale. È così che il Paese scandinavo è entrato in una nuova era di architettura responsabile per il clima.
L’edificio Brattørkaia a Trondheim dello Studio Snøhetta. Una risposta efficace ai cambiamenti climatici
di Nicoletta Trasi
Ogni giorno di più, catastrofi naturali sembrano avvertirci degli effetti disastrosi del riscaldamento globale; Al momento però, solo la Norvegia sembra aver fatto il salto di qualità nel pensare, in modo organico, l’architettura degli edifici urbani come una risposta al problema. La missione impossibile riuscita a Powerhouse, il consorzio di architetti, ingegneri, ambientalisti e designer di Oslo di cui fa parte lo studio Snohetta, è la creazione di un edificio “a energia positiva”. In parole semplici, si tratta di un edificio che produce più elettricità di quanto ne consumi e può quindi cederla agli edifici circostanti e al fornitore statale. È così che il Paese scandinavo è entrato in una nuova era di architettura responsabile per il clima.
Abstract:
The Brattørkaia building in Trondheim by Studio Snøhetta. An effective response to climate change
by Nicoletta Trasi
More and more every day, natural disasters seem to warn us of the disastrous effects of global warming; At the moment, however, only Norway seems to have made the qualitative leap in organically thinking about the architecture of urban buildings as an answer to the problem. The impossible mission achieved by Powerhouse, the consortium of architects, engineers, environmentalists and designers from Oslo of which the Snohetta studio is part, is the creation of a “positive energy” building. Simply put, it is a building that produces more electricity than it consumes and can therefore pass it on to surrounding buildings and the state supplier. This is how the Scandinavian country has entered a new era of climate-responsible architecture.
The Brattørkaia building in Trondheim by Studio Snøhetta. An effective response to climate change
by Nicoletta Trasi
More and more every day, natural disasters seem to warn us of the disastrous effects of global warming; At the moment, however, only Norway seems to have made the qualitative leap in organically thinking about the architecture of urban buildings as an answer to the problem. The impossible mission achieved by Powerhouse, the consortium of architects, engineers, environmentalists and designers from Oslo of which the Snohetta studio is part, is the creation of a “positive energy” building. Simply put, it is a building that produces more electricity than it consumes and can therefore pass it on to surrounding buildings and the state supplier. This is how the Scandinavian country has entered a new era of climate-responsible architecture.
Abstract:
Silvio Galizia e la sperimentazione di strutture complesse: intersezioni norvegesi
di Roberta Lucente
Silvio Galizia è stato un architetto svizzero-tedesco raffinato, autore, tra l’altro, di numerose architetture sacre a Roma meritevoli di attenzione. Formatosi all’ETH di Zurigo, fu compagno di studi di un celebre norvegese, Christian Norberg Schulz, con il quale condivise una precoce esperienza lavorativa, prontamente segnalata dalla critica e pubblicata. In vista del prossimo centenario della nascita di Galizia, si propone qui una prima breve introduzione alla sua opera e alla sua esperienza insieme a figure di primo piano come Sigfried Giedion, Riccardo Morandi e Heinz Isler.
Silvio Galizia e la sperimentazione di strutture complesse: intersezioni norvegesi
di Roberta Lucente
Silvio Galizia è stato un architetto svizzero-tedesco raffinato, autore, tra l’altro, di numerose architetture sacre a Roma meritevoli di attenzione. Formatosi all’ETH di Zurigo, fu compagno di studi di un celebre norvegese, Christian Norberg Schulz, con il quale condivise una precoce esperienza lavorativa, prontamente segnalata dalla critica e pubblicata. In vista del prossimo centenario della nascita di Galizia, si propone qui una prima breve introduzione alla sua opera e alla sua esperienza insieme a figure di primo piano come Sigfried Giedion, Riccardo Morandi e Heinz Isler.
Abstract:
Silvio Galizia and the experimentation of complex structures: norwegian intersections
by Roberta Lucente
Silvio Galizia was a cultivated architect, author of numerous sacred architectures worthy of more in-depth research. He studied at the ETH in Zurich, together with Norwegian Christian Norberg-Schulz, who collaborated with him on an early project, which immediately received critical acclaim. With the approaching of Galizia’s centennial birthday, this article aims at introducing his work and some interesting relationships he had with other significant personalities such as Sigfried Giedion, Riccardo Morandi and Heinz Isler.
Silvio Galizia and the experimentation of complex structures: norwegian intersections
by Roberta Lucente
Silvio Galizia was a cultivated architect, author of numerous sacred architectures worthy of more in-depth research. He studied at the ETH in Zurich, together with Norwegian Christian Norberg-Schulz, who collaborated with him on an early project, which immediately received critical acclaim. With the approaching of Galizia’s centennial birthday, this article aims at introducing his work and some interesting relationships he had with other significant personalities such as Sigfried Giedion, Riccardo Morandi and Heinz Isler.